Figli, trama e recensione


Un racconto tragicomico che fotografa le difficoltà di essere genitori in un paese che poco e nulla sostiene la famiglia, tratteggiato dalla penna dell’indimenticabile Mattia Torre.

Figli

Figli: Trama

Nicola (Valerio Mastandrea) e Sara (Paola Cortellesi) sono una coppia di genitori, entrambi lavoratori, che scopre con notevole preoccupazione di essere in procinto di avere un secondo figlio.

Raddoppieranno quindi i salti mortali necessari per sopravvivere e per portare avanti una famiglia degna di questo nome. Il tutto faciliterà l’esplodere delle tensioni latenti e dei conflitti inesplosi. Emblematica a questo proposito l’invettiva lanciata da Sara a sua madre contro la generazione del boom economico, che ha nuotato nel benessere senza preoccuparsi delle futuro dei propri figli.

La nonna, che tra l’altro non intende prestarsi al ruolo di baby sitter, risponde minacciosamente facendo notare come gli anziani in Italia rappresentino la maggioranza della popolazione e coloro che possono decidere e indirizzare tutto.

Parole che avvicinano pericolosamente il crollo nervoso e quando succede questo i protagonisti si lanciano metaforicamente dalla finestra di casa.

Recensione

La sceneggiatura del compianto Mattia Torre (tra gli attori sono presenti non a caso tanti colleghi e amici, soprattutto della serie tv “Boris”) tratteggia con lucidità uno dei più gravi drammi italiani attuali e al tempo stesso i risvolti dell’essere genitore oggi.

Il regista Giuseppe Bonito sceglie di sospendere nel bianco assoluto la classificazione di alcune famiglie-tipo, come a indicare che comunque i genitori sono sempre abbandonati a sé stessi, sono soli come dice l’amico di Nicola interpretato da Stefano Fresi.

Nel 2018 Mastandrea ha interpretato in tv il monologo “I figli ti invecchiano” di Mattia Torre da cui è nata l’idea del film, recitando: “sei un pezzo di un grande ingranaggio e siccome siamo in Italia l’ingranaggio è vecchio, è arrugginito e si muove a fatica”.

Ma anche concludendo che “d’altra parte il tuo cuore non è mai stato così grande” come diventa dopo la nascita di un figlio. Esattamente il concetto che nel film Sara spiega alla sua prima figlia attraverso un disegno: con la nascita del fratellino c’è solo più spazio per l’amore.

Si parte con delle buone premesse nonostante una visione troppo nera della pur ardua missione di fare due figli in questo paese.

Questo drammatizzare così estremo e la ripetizione di alcune situazioni fanno perdere qualcosa in termini di comicità, che pure nelle intenzioni iniziali doveva impregnare forse maggiormente l’opera. Le trovate che più efficacemente strappano un sorriso sono la sostituzione convenzionale del pianto disperato del neonato con la Sonata n°8 di Beethoven e le sedute dei due genitori dalla pediatra guru.

La divisione in capitoli non segue un filo conduttore vero e proprio ma riporta piuttosto in maniera random le diverse sfaccettature dell’essere genitori. L’identificazione del pubblico è immediata, agevole per chiunque e funziona da catalizzatore per un target trasversale.

Il film è ad ogni modo godibile e le performance della Cortellesi e di Mastandrea lo reggono egregiamente fino ad un finale che pare un tantino frettoloso e raffazzonato. La conclusione alla quale si giunge è che bisogna imparare ad accettare la propria realtà per poterla cambiare in meglio, a restare e combattere resistendo alla tentazione di lanciarsi dalla finestra e mollare tutto.

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