Giuseppe Tornatore racconta Francesco Rosi


Si è tenuto ieri nella Sala Villani dell’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, l’ incontro col regista premio oscar Giuseppe Tornatore, in una giornata dedicata al ricordo del grande regista d’inchiesta napoletano Francesco Rosi.

L’incontro che inizialmente doveva tenersi nella Biblioteca Pagliara, una delle  biblioteche che compongono la Biblioteca Storica dell’ Ateneo è stato spostato nella più vasta Sala Villani, a causa dell’ inaspettato copioso numero di spettatori.

Attraverso la memoria, le emozioni e ricordi di immensa suggestione, l’ incontro presieduto dal rettore dell’ Università Lucio D’Alessandro, in un turbinio intenso di commozione, Giuseppe Tornatore ha ricordato il suo “grande amico e maestro Francesco Rosi , ad un mese dalla sua scomparsa.

Lo straordinario cammino artistico e di vita del Maestro napoletano,vincitore di numerosi premi cinematografici ed autore di  tanti lavori d’ eccellenza fra cui il noto film premiato con il Leone D’oro a Venezia,“Le mani sulla città”  è stato ripercorso attraverso il libro conversazione “Io lo chiamo cinematografo” che vede le parole di Francesco Rosi raccolte da Tornatore, e nel documentario di Marta Pasqualini ”Il cinematografo è una malattia?”, i quali hanno anche dato il nome alla conferenza.

Alla discussione hanno partecipato anche il fratello di Francesco Rosi, Massimo, un altro seguace del Maestro, il regista documentarista Gianfranco Pannone e Valerio Caprara, docente di “Storia  e dinamiche produttive tra cinema e televisione” all’Università Suor Orsola Benincasa.

Tornatore inizia il suo omaggio a Rosi affermando che è difficile decidere quale sia stato il suo film più importante, probabilmente “Salvatore Giuliano” o “Le mani sulla città”, ma poi conviene che la cosa più importante del cinema di Rosi sta nella concezione e nel modo di interpretare l’ arte del cinema. Francesco Rosi, come sostiene Tornatore, ha fondato la sua idea di cinema sul rapporto fra regista e cittadino del contesto in cui vive. Rosi si sentiva prima di tutto cittadino e attraverso il suo essere regista ha raccontato questa condizione di esistenza. Ed infatti la produzione di Rosi è sempre stata molto legata al suo territorio, quello vicinissimo di Napoli, ma anche quello del sud in generale (ad esempio Salvatore Giuliano, ambientato in Sicilia) un territorio che doveva essere ricordato nel bene affinché non ci si rassegnasse ai problemi, ma soprattutto nel male, affinché si tenti di far prevalere quel bene a cui sarebbe stato necessario tendere.

Inoltre, il regista siciliano, premiato giovanissimo con l’Oscar, per il suo “Nuovo cinema paradiso”, come miglior film straniero, ed autore di molti capolavori che gli hanno regalato numerosi altri premi, è rimasto particolarmente colpito e suggestionato dallo splendore della cittadella monastica, edificata verso la fine del XVI secolo alle pendici del colle Sant’Elmo con una superficie di 33000 mq che dal 1895 ospita l’Università Suor Orsola Benincasa, definendolo “perfetta per l’ambientazione di un film”. Ed infatti non è stato l’ unico a pensarla così, già nove film hanno scelto come set cinematografico per alcune scene, il complesso universitario, ultimo fra questi, “Un giovane favoloso” di Mario Martone, il film che ha raccontato la vita del poeta Giacomo Leopardi, uscito nelle sale lo scorso anno.

Sorprendente è stato anche l’annuncio del rettore D’Alessandro che ha concluso l’ incontro con la notizia dell’ imminente nascita della Scuola di Cinema Rosi che partirà già dal prossimo anno presso l’Università.

Fra applausi, emozioni e clamore di un numeroso pubblico si è concluso l’ incontro in memoria di un artista figlio del nostro territorio, raccontato da un autore a sua volta legato ad un altro territorio del sud, la Sicilia, sua terra d’origine, in quello che potremmo definire uno squisito tributo al meridione ed agli artisti che lo hanno raccontato.

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