Il racconto di Amelio degli ultimi mesi di vita di Craxi può contare su un immenso Favino e su poco altro, in un’operazione che sa almeno in parte di occasione sprecata
Hammamet – Trama
“Hammamet” comincia con una breve scena ambientata al congresso del Partito Socialista Italiano del 1989, in cui il funzionario di partito Vincenzo Sartori (Giuseppe Cederna) si avvicina a Bettino Craxi (Pierfrancesco Favino) manifestando la propria contrarietà riguardo i fatti che avevano attirato l’attenzione della magistratura. Ritroveremo poi Craxi dieci anni dopo in esilio ad Hammamet, malato di diabete e accudito dalla figlia Anita (Livia Rossi) e dalla moglie (Silvia Cohen). Giungerà in Tunisia anche Fausto (Luca Filippi), figlio di Sartori ormai deceduto, con problemi mentali e con l’intenzione di uccidere il protagonista. Fausto filmerà le riflessioni e le rivelazioni di Craxi con una videocamera. Intanto compaiono a fargli visita una sua amante (Claudia Gerini) e un vecchio amico esponente di un altro partito (Renato Carpentieri). Le condizioni di salute di Craxi si aggravano ma lui decide comunque di non tornare in Italia per curarsi. Morirà di lì a poco.
Nel finale Gianni Amelio inserisce nel film due visioni oniriche, a parte il flashback del piccolo e ribelle Craxi in collegio. La prima lo vede passeggiare a piedi nudi tra le guglie del duomo di Milano, dove incontra il padre. Nella seconda ritroviamo i due in un teatro dove va in scena la ridicolizzazione di Craxi, la cui immagine è proiettata sullo stesso schermo di forma triangolare che lo aveva visto trionfante al congresso del 1989. Persino suo padre in questa occasione ride di lui, in una scena davvero forte e spietata con Olcese e Margiotta a fare avanspettacolo.
Recensione
Un film certamente non per tutti, in cui succede poco e nulla nella prima metà anche a livello emozionale. Da prendere per quello che può offrire: somiglianza impressionante di Favino a parte, un’occasione per conoscere meglio il punto di vista di Craxi, ma neanche tanto a fondo. Andrea Leanza e Federica Castelli hanno lavorato per oltre un anno al trucco dell’interprete di Bettino Craxi, che per ogni giorno di riprese ha richiesto cinque ore di lavoro. Rispetto al Buscetta de “Il traditore” qui l’attore romano mette a punto una mimesi quasi perfetta in gesti, movenze e parlata. Senza la sua grandezza e senza l’acume di alcuni dialoghi (vedi il duetto con Carpentieri in cui si parla di “rimpasto” e “magna magna” davanti ad un piatto di spaghetti) il film si sgonfierebbe ancora più clamorosamente. Non funzionano lo sguardo spiritato e immobile e la voce monocorde di Luca Filippi; il suo personaggio non sposta più di tanto nell’economia del film. Non resteranno certo nell’immaginario collettivo le interpretazioni di Livia Rossi e Silvia Cohen, ma molto è da imputare anche alla sceneggiatura. Godibili le musiche dal tono epico di Nicola Piovani, che smonta e rimonta L’Internazionale.
Al di là del giochino proprio più dei media di individuare la corrispondenza dei personaggi del film con quelli della vita reale Amelio ha voluto quantomeno porre un interrogativo nella mente dello spettatore: Craxi era soltanto un politico come tanti resosi colpevole di condotte illecite o anche uno statista di spessore che ha agito come facevano tutti gli altri? Il problema è che attorno al quesito andava costruito un film con qualche guizzo in più ed un ritmo diverso.