Il meglio deve ancora venire – Amici fin dai tempi del collegio, Arthur (Fabrice Luchini) e César (Patrick Bruel) hanno caratteri completamente differenti. Il primo è un ricercatore medico, sobrio e ligio ad ogni tipo di regola, mentre il secondo è un bambinone inaffidabile che ha appena subito il sequestro di tutti i suoi averi. Arthur è divorziato ma non è riuscito ancora a sfilarsi la fede dal dito, César invece un donnaiolo che non riesce a impegnarsi seriamente in una storia. Quando Arthur viene a sapere che a César restano pochi mesi di vita fatica a dirglielo, tanto che il suo amico si convince per equivoco che sia l’altro a stare per morire. Nel tentare di prendersi cura di César, Arthur viene in realtà accudito e coccolato dall’amico. Entrambi finiranno per aggiungere una marcia in più alla propria vita, collaborando per esaudire i reciproci desideri più arditi.
Il meglio deve ancora venire, recensione
Una commedia drammatica quella scritta e diretta da Alexandre de La Patellière e da Matthieu Delaporte, di nuovo alla regia insieme dopo “Cena tra amici” del 2012. Complessivamente questa volta funziona probabilmente più la componente emozionale, insieme ad una coppia di attori protagonisti di gran mestiere ed eleganza, perfettamente calati nei rispettivi ruoli.
Nella prima mezz’ora il film scorre nel binario della migliore commedia transalpina degli ultimi anni. Poi la sceneggiatura resta appena in equilibrio sul filo della verosimiglianza ma non riesce a regalare niente di particolarmente imprevisto né spunti comici irresistibili. Salvo poi risollevarsi però con un colpo di coda finale che aggira la retorica, con dialoghi non stereotipati e che riescono a garantire emozioni e commozione. In particolare è significativo il fatto che non ci vengano fatte ascoltare le parole che pongono finalmente fine all’equivoco e con le quali César scopre di essere lui il malato.
Una coppia di amici che sono individui diametralmente opposti, ma accomunati dalla certezza che rappresentano uno per l’altro. Il film a parte la malattia racconta principalmente con leggerezza e spunti di riflessione l’amicizia vera, un qualcosa capace di rendere più grande il mondo che abitiamo e questa vita imprevedibile, piena di risvolti non sempre facili.