Jack in the box – Casey (Ethan Taylor) comincia a lavorare nel museo di un immaginario paese inglese di nome Hawthorne, dove conosce Lisa (Lucy-Jane Quinlan) che lo aiuta a introdursi nella sua nuova realtà. Il museo fuori stagione attira pochissimi visitatori e tutto sembra fin troppo tranquillo. Ma il ritrovamento in deposito di un’antica scatola con dentro il pupazzo di un clown sconvolgerà la quiete. Si tratta di un “Jack in the box” (Robert Nairne), costruito in terra francese alcuni secoli prima per rinchiuderci entità demoniache. Una volta riaperta la sua scatola, il Jack punta ad uccidere sei persone. Quando si verifica la scomparsa di alcune persone all’interno del museo Casey comincerà a indagare e si troverà a dover difendere Lisa dal mostruoso clown.
Jack in the box, recensione
Il britannico Lawrence Fowler scrive, produce e dirige un horror a budget ridotto con una discreta abilità immaginifica: sia il clown in versione pupazzo che quello enorme che prende vita per spargere sangue sono efficacemente realizzati. E non era affatto cosa scontata, vista l’inflazione di figure simili sfruttate per il filone horror (“It” ne è solo un esempio). Fowler fornisce senz’altro con questo lavoro segnali di crescita, dopo il lungometraggio d’esordio “Curse of the Witch’s doll” datato 2018. Sono i dialoghi ad apparire un po’ troppo stereotipati, mentre poco e nulla di innovativo per il genere riesce ad emergere.
Con una locandina con la frase di lancio “Sei pronto a giocare?”, “Jack in the box” sembra voler rievocare la saga di “Saw – L’enigmista” ma non è altrettanto ritmato e spiazzante. La stessa violenza messa in atto da Jack sembra mostrata in modo sparagnino, con molto lasciato all’immaginazione. Poche le idee a celare il budget ridotto di cui sopra, cast composto da attori validi ma poco noti, con un Philip Ridolut a spiccare sugli altri.
Anche la sceneggiatura appare frettolosa e convenzionale per larghi frangenti, vedi il trauma del passato che attanaglia Casey. Insomma, a parte il trucco, gli effetti speciali e il clown sanguinario impersonato da Robert Nairne, non nuovo a questo genere di ruoli, funziona poco altro con l’aggravante di una scenografia davvero poverissima. Il finale ci regala qualche ulteriore sussulto positivo imprimendo un’ultima accelerata, che però non basterà a fare di “Jack in the box” un classico da ricordare.