Spinge molto sul pedale della commedia e solo sul finale (che poi è anche il prologo) dà una sgasata di drammatico Ferzan Ozpetek, in questo La dea fortuna”che sbarca al botteghino per le feste natalizie.
La trama mette al centro la crisi della storia d’amore tra Alessandro, idraulico che non disdegna qualche scappatella, e Arturo, scrittore mancato che si arrangia con le traduzioni e che soffre maggiormente il perdere colpi di una lunga relazione. In mezzo allo sfaldarsi della coppia piomba Annamaria, ex di Alessandro, ma molto amica di entrambi, che li ha fatti conoscere e ora si vede costretta per motivi di salute ad affidargli i suoi due figli.
La dea fortuna, Ozpetek si racconta
Corsi e ricorsi del regista turco tornano in questa occasione nei conflitti ad alta voce, negli sguardi, nella tematica omosessuale e nelle scene corali tra cibo e danza su una terrazza. Ma questa volta Ozpetek accompagna mano nella mano lo spettatore con una certa leggerezza anche quando gli parla di malattia. Per sua stessa ammissione in “La dea fortuna” c’è anche il suo vissuto personale, raccontato con notevole maturità.
Punto di forza indiscutibile è rappresentato dalla coppia di protagonisti, Edoardo Leo e Stefano Accorsi. Probabilmente l’essenzialità e l’immediatezza del primo è l’ingrediente segreto della freschezza e dell’autenticità di questa opera. Irresistibile anche Filippo Nigro nei panni di un amico malato di Alzheiemer, che ogni tanto è costretto a resettare le informazioni in suo possesso e funge da contrappunto comico anche ai momenti più tesi dell’intreccio. Ma non è solo questo, perché grazie alla sua malattia il suo personaggio si innamora ogni giorno come fosse il primo di sua moglie (Pia Lanciotti). Ed è quello che deve accadere anche ai due protagonisti per poter provare ad andare avanti, per cercare di riparare la loro storia come Alessandro fa ogni giorno con i rubinetti. La canzone “Luna diamante”, scritta da Ivano Fossati e cantata da Mina è quasi un personaggio del film, che sul finale con le sue parole riassume alla perfezione la vicenda che abbiamo visto proiettata sullo schermo.
Il titolo del film viene dal Santuario della Fortuna Primigenia, luogo dove lavora Annamaria (Jasmine Trinca). Quest’ultima è una baronessa che nasconde un passato difficile, che l’ha vista succube di una madre (la bravissima Barbara Alberti) che appare stereotipata solo nelle invettive contro i due gay e contro la loro comitiva di amici. Non può mancare Serra Ylmaz, qui nei panni di una wedding planner
Il racconto, sceneggiato da Ozpetek col fido Gianni Romoli e con Silvia Ranfagni, scorre con sobrietà e pudore, riuscendo a tenere lontana la retorica sfiorandola soltanto sul finale. Ciò dona nuovo slancio e nuova luce al cinema di Ozpetek, che qui risulta meno affettato e maggiormente efficace per un pubblico più eterogeneo. Il finale è completamente aperto, non si sa cosa accadrà ai due protagonisti e ai due bambini, ma poco importa. Ognuno è ormai impresso a fuoco per l’eternità dentro l’altro, come il trucco magico della dea fortuna insegna.