La rivincita, trama e recensione


La rivincita – Vincenzo (Michele Cipriani) e Sabino (Michele Venitucci) sono due fratelli che abitano sullo stesso pianerottolo in due case lasciate in eredità dal loro padre. La moglie del primo (Deniz Ozdogan) è incinta ma si decide per un aborto perché di fatto non ci si può permettere economicamente di crescere un figlio: a Vincenzo viene infatti espropriato il terreno sul quale lavora per far spazio ad un’autostrada.

La moglie di Sabino (Sara Putignano), il quale pure non se la passa bene con il suo chiosco di fiori, è profondamente in crisi come donna e come madre e decide di partire per una missione umanitaria in Africa, abbandonando lui e un figlio piuttosto in carne appassionato di balli latino-americani.

La “porca miseria” più volta evocata anni addietro dal padre di Vincenzo e Sabino trascinerà i due in scelte complicate, compiute nella disperazione per provare semplicemente ad esistere  e a ricordarsi come si fa a “stare bene”.

La rivincita, recensione

L’emergenza coronavirus ha portato alla pubblicazione sulla piattaforma di RaiPlay di otto film firmati Rai Cinema e uno di questi è “La rivincita”, che per forza di cose non è potuto uscire in sala.

Dopo tanto teatro da autore e attore anche nella compagnia di Luigi De Filippo, Leo Muscato esordisce dietro la macchina da presa con un film asciutto, essenziale e senza momenti morti. Strutturato in maniera marcatamente teatrale come testimoniano anche le dissolvenze al nero che intervallano le scene, “La rivincita” è tratto da un romanzo di Michele Santeramo che firma soggetto e sceneggiatura proprio con Muscato.

Anche in teatro la storia aveva precedentemente visto come attore protagonista Michele Cipriani.

La figura costruita meno solidamente è quella della moglie di Sabino, ma un po’ tutti i personaggi per una scelta ben precisa peggiorano continuamente la loro situazione con determinati comportamenti.

Pur non riuscendo a imprimere un registro netto e costante al film, Muscato ha il pregio di tratteggiare la povertà dei giorni nostri, tra sprazzi grotteschi e altri da commedia all’italiana (pure sul tipo di sangue da poter vendere si deve essere fortunati), dove anche le cose normali come fare un figlio rappresentano un sogno che non tutti si possono permettere di realizzare.

È questo che avvelena gli uomini e le donne di oggi, proprio come le sostanze tossiche con le quali Vincenzo lavora e che finiscono per renderlo sterile. Riuscire a conquistare quelle cose normali combattendo ogni giorno rappresenta la vera rivincita.

Per tutti questi motivi risulta agevole l’immedesimazione e l’empatia della gran parte degli spettatori. Siamo a Martina Franca ma per come è girato il film potremmo essere in qualsiasi altro paese d’Italia.

Il cast risulta interamente all’altezza ma succedono tante cose in meno di novanta minuti di durata e non c’è il tempo di conoscere in maniera adeguata i personaggi e di capire le loro azioni.

Di conseguenza non è possibile scavare più di tanto a fondo nella realtà e occorre lasciarsi condurre quadro dopo quadro fino al finale in cui ai protagonisti non resta che piangere ridendo e ridere piangendo.

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