Ho letto l’articolo di Maria Pia Nocerino e ho voluto esprimere il mio parere su L’AMICA GENIALE perché, per me, questa quadrilogia ha rappresentato e rappresenta qualcosa in più dell’ennesimo libro che ho letto o fiction/serie che ho guardato. Non so se riuscirò ad esprimere in modo lucido e comprensibile il mio pensiero perché non sono semplicemente “di parte” ma è L’AMICA GENIALE ad essere diventata parte di me. Per quanti e quali motivi sia successo io non so precisamente dirlo, o meglio, questi motivi si sono palesati alla mia mente solo dopo che la storia si stava insinuando in me e ciò è successo sin dalle prime pagine lette dopo che il primo volume se ne è stato a raccogliere polvere sul mio comodino per anni. Era sempre lì, in cima alla pila; mi ha aspettato paziente e saggio come solo i libri sanno fare. Loro sanno quando venirti a cercare.
Il primo commento/pensiero, di getto, mentre leggevo l’articolo di Maria Pia Nocerino è stato. “E pensare che per me quella fedeltà al testo, oggetto di analisi nell’articolo, non è stata ancora abbastanza!”
Il mio pensiero è molto lapidario: chi ha criticato fortemente la serie o non ha letto i libri o non è riuscito a farci i conti. Dalle centinaia di commenti letti in questi mesi ne ho fatto una mia assolutamente soggettiva e parziale classifica: le critiche più aspre, lapidarie, volutamente dispregiative e denigratorie provengono soprattutto da chi dichiara di non aver letto i libri o di averne letto solo il primo, massimo il secondo, e qui arriviamo ad un altro punto dell’articolo che si collega al mio pensiero: il consenso generale sul primo libro e sulla prima stagione, consenso che, ovviamente, si basa anche sul naturale entusiasmo e sulla buona predisposizione con i quali, un po’ tutti, ci vestiamo nell’iniziare a leggere una nuova storia o a guardare una nuova serie; poi, come scrive Maria Pia Nocerino, l’entusiasmo sembra che tendi a calare con il progredire della storia.
Ho letto e sentito anche che l’entusiasmo verso il racconto dell’infanzia di Lila e Lenù possa essere, in parte, giustificato/sorretto dal fatto che, appunto, si sta raccontando di due bambine, della nascita di un’amicizia, una narrazione che, in teoria, dovrebbe essere più leggera in confronto a quella che si dovrà adottare per la crescita delle due donne e del mondo intorno a loro, diventando, inevitabilmente, per alcuni, più pesante e, di qui, l’allontanamento di una parte del pubblico.
In realtà noi sappiamo bene che per L’AMICA GENIALE non è proprio così che stanno le cose: l’infanzia di Lila e Lenù è stata la parte più tosta della loro vita, scene terribili si sono susseguite nella narrazione di quegli anni in cui le due bambine cercavano conferma della propria esistenza, una violenza inaudita ha caratterizzato alcuni momenti topici che segneranno il loro percorso di crescita; ed è qui che, secondo me, avviene la cesura o, più che altro, una sorta di scarto tra la narrazione e lo spettatore: la prima va avanti, inesorabile, impietosa, il secondo si ferma, si vuole fermare, si deve fermare per non fare i conti con l’epilogo di quella infanzia che vede prendere forma, vede realizzarsi la personificazione degli incubi, della violenza, della profonda amarezza.
Il mio pensiero è che il mondo narrativo della Ferrante sia uno specchio nel quale ci si possa ritrovare tutti, ma è lo specchio di Dorian Gray e allora non tutti possono reggerne la visione.
Per concludere, nel rispondere a Maria Pia Nocerino, le dico che sì, lei ha ragione, la fedeltà al testo è un limite, lo è per tutti coloro che non hanno letto i libri ma, di contro, era anche l’unico modo di trattare con la Ferrante, era un elemento imprescindibile per chi si è immerso nell’universo narrativo de L’AMICA GENIALE. Non abbiamo desiderato altro che la trasposizione televisiva fosse perfettamente, maniacalmente aderente alla parola scritta.
Chi ha letto e amato L’AMICA GENIALE come me non ha mai desiderato o preso in considerazione che l’opera e il regista potessero avere un’autonomia e, devo dire, che l’espediente della voce narrante onnipresente ha suggellato questo connubio tra pagina e schermo, nel momento in cui ho iniziato a leggere le prime pagine la voce narrante è partita in me ed è proseguita, senza soluzione di continuità con quella di Alba Rohrwacher che, sempre secondo il mio personale ed umile pensiero, ha saputo realizzare la magia.
(articolo a cura di Giusy Somma)