“Padrenostro”, trama e recensione


“Padrenostro” – Il magistrato Alfonso Le Rose (Pierfrancesco Favino) vive sotto scorta insieme alla sua famiglia nella Roma del 1976. Non sa che suo figlio Valerio (Mattia Garaci), dieci anni, ha assistito all’attentato terroristico di cui lui è rimasto vittima appena sotto casa, colpito da diversi proiettili eppure senza esiti fatali. Inevitabile che il ragazzino accusi il colpo psicologicamente, rivivendo costantemente nella sua testa quegli attimi tra timori e ansie. Nel frattempo compare improvvisamente un suo nuovo amico di nome Christian (Francesco Gheghi), spavaldo e misterioso, che in qualche modo gli darà la forza di ricominciare.

“Padrenostro”, recensione

C’è molto della biografia del regista Claudio Noce in “Padrenostro”. Figlio di un vicequestore che subì effettivamente un attentato nel 1976 per mano di terroristi di estrema sinistra, ci immerge a fondo nel punto di vista con cui un bambino elabora un evento tragico e il suo rapporto con il padre. L’atmosfera è sospesa tra realtà e creazione mentale, delicata e rarefatta; questo perché il film non si riveste primariamente di una funzione di ricostruzione storica, in quanto la storia appare solo un pretesto per raccontare altro. La messa in scena è pulita, essenziale, talvolta predilige una certa geometria, mentre i ritmi sono ampiamente compassati e alimentano marcatamente la carica drammatica.

Claudio Noce aveva poco più di un anno all’epoca dell’attentato e probabilmente molte delle sensazioni di Valerio sono più frutto della sua immaginazione, rielaborata nella sceneggiatura firmata con Enrico Audenino. Valerio vorrebbe un rapporto diverso con suo padre per qualità e quantità ma alla fine ne comprende le fragilità tanto da invertire i ruoli e offrire a lui forza e rassicurazione. Favino (che compare qui anche in veste di produttore) è la solita garanzia di solidità e autenticità, nell’interpretazione di un uomo del sud che in barba ad ogni stereotipo virile riflette nei suoi occhi la stessa paura del figlio e di sua moglie (Barbara Ronchi). Il ruolo gli è valso tra l’altro la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile all’ultima mostra di Venezia. Reggono la scena discretamente anche i giovanissimi Garaci e Gheghi.

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Il film si lascia seguire per il suo alone onirico e insolito, capace anche di una certa poesia. Ma sembrano mancare guizzi e intuizioni utili a valorizzare al meglio la cruda realtà filtrata dallo sguardo fanciullesco. Perché di questo si trattava, una volta accantonata la cronaca di quei difficili anni Settanta di cui rimangono colori e sprazzi di colonna sonora. Anche sul piano della tensione insita in una vita così sul filo come quella del magistrato Le Rose si poteva fare meglio, in un’opera che comunque denota una certa originalità e aggira abilmente la retorica.

“Padrenostro” è disponibile in streaming su Amazon Prime Video.

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