A Ponticelli vittima dei clan riconosciuta dopo 21 anni


Un ragazzo altruista, intelligente, appassionato di musica tanto che avrebbe voluto imparare a suonare come Mozart, ma le circostanze e le difficoltà economiche non glielo hanno consentito. Eppure Felice De Martino, appartenente ad una famiglia di 8 figli, ha sempre portato avanti per i fratelli quegli ideali di solidarietà, cultura e lealtà che oggi, dopo 21 anni, gli vengono finalmente riconosciuti. Perché il riconoscimento di vittima innocente per il 26enne di Ponticelli che il 6 gennaio 2000 fu ucciso dalla camorra è arrivato dopo 21 anni. Già. Tanto ha impiegato lo Stato a rendere onore e dignità a un giovane che da oggi sarà un modello per i ragazzi del quartiere e non solo. A lui sabato scorso è stata infatti intitolata la nuova sede dell’associazione Report alla presenza del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, che ha lanciato un monito chiaro e preciso ai cittadini: «Unitevi e denunciate, perché l’indagine senza denuncia dura anni, con la denuncia invece poche settimane. Purtroppo dobbiamo ancora ricordare alle persone che l’unico vero modo di opporsi alla camorra è denunciare».

Il progetto

La sede di Report è stata inaugurata sulle ceneri di un’ex scuola rimasta abbandonata per 30 anni in via Cupa San Pietro, dove da oggi si respira aria di legalità grazie all’iniziativa fortemente voluta da Anna Ferrara, presidente di Sos Impresa – Rete per la legalità, che non ha trattenuto le lacrime nel ricordare la figura di un cittadino onesto come Felice, ancora oggi simbolo di altruismo per tutto il quartiere: «Siamo felici di dare a questo luogo il nome di Felice, perché a distanza di 21anni siamo riusciti a restituirgli dignità».

Commosso, ma fiero di questo importante traguardo il fratello di Felice, Michele De Martino, che proprio nel giorno dell’inaugurazione ha compiuto 46 anni: «Quando Felice morì aveva 26 anni, io 24. Oggi sono qui a parlare di lui perché per tanti anni è stato definito criminale, mentre è stato un eroe».

Ucciso da una pallottola vagante

Felice fu ucciso da una pallottola vagante il 6 gennaio 2000 mentre era sulla soglia di un bar. A ricordarlo e a spiegare che le attività dell’associazione saranno dedicate ai valori trasmessi dalla giovane vittima anche il presidente di Report Pellegrino Reale, intervenuto con alcuni rappresentanti di Libera.

Un simbolo del quartiere Felice con la sua onestà, il suo altruismo e la sua cultura, che ha finalmente ottenuto il riconoscimento di essere estraneo a quei contesti criminali.


Il ricordo

L’associazione Report è dedicata alla memoria del ventiseienne, vittima innocente della criminalità di Ponticelli. La famiglia De Martino negli anni ’70 viveva a via Napoli 88, nelle famose “curtine” (corti).

Felice nasce nel 1973, primo di 8 fratelli in una tipica famiglia numerosa. Era il 6 gennaio del 2000, quando si svegliò con sintomi influenzali. Passò la giornata con qualche amico e la famiglia. La sera giocava il Napoli. Guardò la partita insieme a 2 fratelli in un locale del quartiere e poco dopo andarono a casa. Chiacchierò pochi minuti con la mamma, dicendole che sarebbe andato al bar per prendere un cappuccino e poi sarebbe rientrato. Non si sentiva in forma quella sera, tuttavia da solo si diresse al bar di piazza Aprea. Qualche chiacchiera con amici incontrati per caso, durante un giorno di festa e in una piazza gremita di giovani.

All’improvviso le grida della folla si levarono dalla piazza e Felice incuriosito uscì per capire cosa stesse accadendo. Erano spari e le urla della gente quasi coprivano i colpi di pistola. Sull’uscio della porta il giovane si fermò insieme a un amico che era con lui (così raccontò questa persona poco tempo dopo a 2 dei suoi fratelli). Felice capì il pericolo dicendo all’amico: “Salvatore, entra che stanno sparando” e contemporaneamente si girò verso la sua sinistra per spingerlo all’interno del locale. Con questo movimento scoprì il costato destro, dove penetrò la pallottola vagante che arrivava dalla piazza.

Rientrò subito e pochi minuti dopo confidò al barista di sentirsi “strano”, mentre un senso di freddo incominciava a invadergli il corpo. Così si accasciò sul pavimento e quello fu il suo ultimo gesto d’altruismo. Felice fu portato in ospedale, dove gli diagnosticarono un’emorragia interna. Purtroppo non ci fu niente da fare.

Ai suoi funerali si contarono circa 4.000 persone. Felice aveva mantenuto la sua promessa: “Quando morirò, riempirò piazza Aprea di una folla di gente come all’uscita della Madonna della Neve”. Un sacrificio che oggi, dopo 21 anni, Ponticelli rende al suo giovane eroe.

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