1760 – Due uomini chiacchierano, cordialmente, salendo su per un’amplissima scalinata; si trovano in quello che per il loro tempo è il cantiere più grande che si sia mai visto a cui partecipano non solo le migliori maestranze ma anche prigionieri di guerra, nonché elefanti: tant’è l’Immane Costruzione!
E’ qui che il Maestro, dietro Incarico Reale, ha voluto dare e lasciare la miglior prova del suo “Genio”. Entrambi hanno lo sguardo rivolto verso l’alto, gli impalcati sorreggono la messa in opera della doppia cupola ellittica che sovrasta lo scalone d’ingresso, all’interno della quale vi è un’intercapedine calpestabile ove verrà alloggiata un’orchestra di musici, cosicchè l’arrivo delle delegazioni straniere venga accolto da un sottofondo musicale percepibile fino alla sala del trono; mentre il Re, in persona, si preannuncerà agli ospiti con la presenza lungo la scalinata dei due maestosi leoni, suo simbolo. Ma ormai… è tempo di andare; i due si stanno congedando, Re Carlo ha ordinato che il Maestro Vanvitelli resti in quei luoghi per concludere la nuova Reggia, mentre, investendo del titolo di Ingegnere Regio, l’allievo di Lui, Francesco Sabatini, ordina a costui di seguirlo alla volta di Madrid per dar nuovo lustro, con una sistemazione urbanistico-architettonico adeguata, a quella che diverrà la Capitale di Re Carlo di Borbone.
E’ nel 1744 che, con la vittoria sul Principe Austriaco Lobkowits, Carlo III di Borbone consolida il suo giovane regno, grazie soprattutto ad un rigenerato esercito napoletano. Purtroppo, però, l’ascesa al trono del bellicoso Federico di Prussia e la necessità di avere continuo rifornimento di armi portano Re Carlo alla decisione nel 1753 di “Impostare una nuova Fabbrica D’armi portatili nelle vicinanze della Capitale, esattamente a Torre Annunziata dove esiste già un’area demaniale industrializzata e dove la presenza del Canale Del Conte Di Sarno, preziosa fonte di energia termodinamica, ne favoriscono l’insediamento.
E’ lo stesso Vanvitelli ad informare epistolarmente suo fratello Urbano sulla scelta del Re. Artefice del progetto è il Sabatini che, già dal 1753 collabora con Vanvitelli per la costruzione del quartiere della Cavalleria al Ponte della Maddalena; e lo stesso Vanvitelli accerta la paternità del progetto quando, una volta partito il Sabatini per la Spagna, si finge impegnato in altri incarichi sapendo che quelle sue convocazioni saranno puramente sostitutive e,soprattutto,non retribuite.
Per comprendere il progetto del nuovo impianto delle fabbriche del Sabatini bisogna fare, però, un passo indietro nel 1592. In quest’anno, Muzio Tuttavilla, Conte Di Sarno compra il feudo di Torre Annunziata per 45.000 ducati. Con la costruzione di un canale artificiale vuol far sì che l’acqua arrivi ai mulini di sua proprietà lì a Torre. Come egli stesso scrive, vuol fornire la Città di Napoli di un’industria molitaria a prezzi altamente competitivi.
L’opera, di non semplice esecuzione, viene affidata all’Architetto Pontificio Domenico Fontana e resta un momento altamente importante nella storia della valle del Sarno. Il canale del Conte, infatti, rappresenta il legame con la scoperta dei resti archeologici di Pompei, per non danneggiare i quali, si procede con più lunghe gallerie.
L’Opera è distinta in due parti: una “Presa d’acqua” a monte e da essa il vero e proprio canale che guida l’acqua fino a Torre Annunziata dove, sfruttando tre salti di quota con altrettante cascate nella sua parte finale, riesce a far muovere le ruote di tre ordini di mulini. Con la morte di Pompeo Colonna, ultimo Principe di Gallicano, l’eredità Sarnese viene incamerata nel demanio del Viceregno.
Già nel 1652, giudicando pericolosa per la Città di Napoli la permanenza della polvere da sparo nei pressi di Porta Nolana, si decide di trasferire la Polveriera a Torre, in luogo del primo ordine di mulini distrutti dall’eruzione del 1631. Con il suo intervento, dunque, Sabatini va a risistemare completamente un’area fortemente industriale per quei tempi, che ha assoluta necessità di acqua che sgorghi fortemente; insiste sui tre ordini di mulini precedenti e traccia, internamente a questa, una complessa rete di canalizzazioni idrauliche che partono dall’ultimo tratto del condotto del Conte Di Sarno per diramarsi all’interno del perimetro della Fabbrica.
Con questo possente impianto si producono annualmente almeno 4.000 baionette e 10.000 fucili; le armi qui prodotte simili a quelle Spagnole, sono considerate molto più pregiate in tutta Europa, rifornendo così, non solo l’esercito ma esaudendo, anche, i capricci del Re e della sua Corte. Le armi qui prodotte sono le più belle del tempo e le più finemente decorate sottolineando la bellezza dell’acciaio che esce da queste vasche assumendo sfumature dal blu – viola al marrone.
Michele Battista, il più famoso dei maestri armieri, insieme a Emanuel Estevan creano pistole rinomatissime finanche per commemorare il matrimonio di Ferdinando IV di Borbone con Maria Carolina D’Asburgo. Un’intera collezione di armi qui prodotta è conservata presso il museo di Capodimonte di Napoli e numerosi altri esemplari sono presenti in tutti i musei del mondo.
Come sempre, però,con il passare del tempo tutto finisce…per mala gestione per incuria, ma si può sempre sognare e immaginare questi luoghi pervasi da nuova vita, con destinazioni diverse. Sperando e augurandomi che la” Fenice” risorga dalle sue ceneri!
(Foto in copertina: Departure of Charles III from Naples di Antonio Joli, dipinto esposto presso il Museo nazionale di Capodimonte)