Bartleby, lo scrivano al Teatro cerca Casa


Lunedì 6 maggio ore 18, nel salotto teatrale di casa Santanelli (via Sagrera, 23 – Napoli), nell’ambito de Il Teatro cerca Casa, Enzo Salomone propone il racconto di Melville “Bartleby, lo scrivano”.

COMUNICATO STAMPA

“Lunedì 6 maggio ore 18, nel salotto teatrale di casa Santanelli (via Sagrera, 23 – Napoli), nell’ambito de Il Teatro cerca Casa, Enzo Salomone propone il racconto di Melville “Bartleby, lo scrivano”. Lo spettacolo si sviluppa come una sequenza narrativo-musicale, in cui la voce dell’attore adegua ai tempi dell’ascolto il plot letterario, che s’innesta nelle sonorità di una appropriata scelta di musiche registrate e di live electronics. Per assistere allo spettacolo è necessaria la prenotazione chiamando al 3343347090 – 3470963808 – 081 5782460, oppure attraverso il sito www.ilteatrocercacasa.it. A chi prenota verrà rivelato l’indirizzo del luogo che ospita lo spettacolo.
Chi è realmente questo enigmatico scrivano che nella New York del 1853, nel tempio del capitalismo americano in pieno decollo, Melville, contrappone ad un avvocato (io- narrante del racconto) che ha avuto la disavventura di accoglierlo nel suo studio al n.*** di Wall Street? E che dopo un primo periodo di onesto, probo, lavoro di copiatura e controllo di atti legali, si permette di rifiutare progressivamente qualsiasi altra attività con la misteriosa, sconcertante, ossessiva e tuttavia gentile espressione: “I would prefer not to”… Preferirei di no? Eppure, l’avvocato a cui si contrappone non è il rappresentante di un potere autocratico e cieco. È religioso, anglicano, pieno di scrupoli “umani”, gentile, dialogante, permissivo, inclusivo, democratico, borghese. Ciononostante, Bartleby gli nega ogni tentativo di dialogo. Chi è Bartleby, un anarchico, un marxista, un rivoluzionario? Un non-violento alla Thoreau? O è solo uno schizofrenico? Un autistico adulto? O un Giobbe del XIX secolo? Oppure è il risultato di una errata alimentazione alternativa? (mangia solo focaccine allo zenzero). Oppure è Melville stesso in crisi d’identità? Chissà quante fantasiose definizioni si potrebbero aggiungere ancora a queste. Ma, tralasciando l’ansia di definizione di Bartleby, quella sua solitaria, intransigente opposizione rimanda a tutte le violenze che nel secolo scorso hanno caratterizzato i tentativi di ribellione, di opporsi, di dire no, operati da uomini organizzati o da solitari oppositori, che si rifiutavano di soggiacere alla condizione del “lavoro alienato”, di “copiare” appunto, e assumendo come metafora il racconto di Melville, quella lancinante, anarchica, per quanto inutile e autolesionistica, risposta ossessiva di Bartleby, risuona oggi, in un’epoca sempre più discriminante ed esclusiva, terribilmente profetica e attuale.

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