Al centro di uno dei quattro cortili del palazzo, un enorme fuoco arde, alimentato di continuo dagli indumenti che vi vengono sopra riversati. Bisogna che bruci tutto, poichè riutilizzare può essere pericoloso. Tra le corsie delle stanze adibite a lazzaretto, i cadaveri hanno bisogno di immediata sepoltura, in quanto reputati troppo pericolosi per chi vi giace accanto. Purtroppo, però, in momenti di così violenta epidemia e soprattutto quando i più si sono dovuti improvvisare medici o infermieri, non si riesce a distinguere con lucidità un cadavere da un corpo che sta combattendo con le sue ultime forze, ancora per la vita! Così accade che i vivi vengano sepolti con i morti, e proprio le anime di questi restano imprigionate e,ancora, vagano tra le stanze del palazzo che per volere di Re Carlo viene innalzato.
E’ nel 1752 che iniziano i lavori della mastodontica fabbrica, il cui progetto è affidato a Ferdinando Fuga su committenza del Re. Come ho finora raccontato, Napoli con i Borbone è una capitale importante, le idee illuministe fervono in tutta Europa ed anche Carlo vuol essere “un sovrano illuminato”.
Padre Rocco, un domenicano che si occupa dei poveri della città, ha suggerito al Re di dare una sistemazione definitiva alla popolazione completamente indigente, così nasce l’idea il cui attuatore sarà Ferdinando Fuga.
Il Real Albergo dei Poveri si dimostra nel tempo un progetto “illuminato”: l’architetto, infatti, si affida ad una razionale suddivisione per sesso, fascia d’età, cosicché l’assegnazione delle mansioni da svolgere risulti naturalmente ancora più semplice.
Nonostante l’approvazione e l’inizio dei lavori, come spesso accade, in corso d’opera ci si rende conto che la spesa da affrontare è ingente, per cui la fabbrica attuale non rispetta a pieno le dimensioni e la volumetria originali.
Nonostante il ridimensionamento, tale edificio resta uno dei più grandi d’Europa. I più cattivi dicono che con questa fabbrica Re Carlo abbia voluto nascondere al mondo la povertà di Napoli, ma così non è.
Dal 1802, oltre gli indigenti, tra le sue mura vengono accolti gli orfani della “Santa Casa dell’Annunziata”, viene garantita loro sussistenza, e una volta raggiunta l’età, una vera e propria formazione lavorativa.
Per i giovani, dunque, un vero progetto di formazione dedito alle Arti ed ai Mestieri, mai idea più attuale
Negli anni di Re Ferdinando, l’Albergo dei Poveri, viene definito il “Grande Emporio” entro le mura della città, luogo dove nascono l’artigianato e la manifattura di qualità , diventando, durante l’industrializzazione, il fulcro delle attività imprenditoriali, ricco di manodopera, e dove le risorse idriche favoriscono l’immissione di nuove tecnologie.
Dunque che si chiami “Albergo dei Poveri”, che si chiami “O serraglj” (da cui, chi vi entrava non usciva), Palazzo Fuga rappresenta ancora un progetto in evoluzione, ricco di spazi da poter adibire alle più svariate finalità; resta immobile e maestoso nella sua piazza, in attesa di un rinnovato ed adeguato riutilizzo, che rimetta in moto il suo cuore pulsante, fermo come l’orologio che lo sovrasta.