10 Maggio 1734, Napoli – Il giovane Don Carlo, reduce dal vaiolo, entra a Napoli dalle parti di Porta Capuana (ingresso orientale della città voluto due secoli prima da Ferrante d’Aragona, ultimo grande sovrano, per quel tempo, ad aver risieduto in città) con i suoi “caballeros” e, soprattutto, con tutte le buone intenzioni di farne “degna capitale” del suo regno.
Don Carlo è figlio di Elisabetta Farnese e a Napoli porta la ricca collezione di famiglia precedentemente ubicata a Roma; all’ingresso della nuova Reggia, quella di Capodimonte, pone, a difesa del Re, il possente “Ercole” (statua “Ercole Farnese”, ora custodita al Museo Archeologico di Napoli).
Arricchisce Napoli della Reggia di Portici, di quella di Capodimonte e non ultima quella di Caserta; commissiona il grande ospedale per i senza tetto (Albergo dei poveri), il teatro a lui dedicato, insomma Napoli e, soprattutto i Napoletani, in questi anni, vivono un sogno: il sogno borbonico.
Un regno con una capitale degna, ricca sotto ogni aspetto, questa è Napoli con i “Borbone”.
Il Re e sua moglie adorano i nostri lidi, ed allora capita, durante una gita di approdare a Portici, più precisamente a Villa D’Elboeuf, appartenente all’omonimo Duca, il quale, ha riempito ed adornato, come un prezioso scrigno, la sua residenza con reperti venuti fuori dallo scavo di un pozzo nei pressi di Resina e commissionato personalmente quelli successivi.
Nel 1738 gli scavi si allargano fino a Portici, nel 1748 arrivano a Pompei.
Ai piedi del Vesuvio continui rilievi, seguiti da detonazioni di mine, spaccano il suolo tufaceo (così composto per il materiale eruttivo), riportano alla luce infiniti reperti;è dunque di questi anni la copiosa perdita di ricchezza appartenente al nostro territorio,ed il Re ne diviene il primo “committente”; assistendo personalmente ai ritrovamenti si impadronisce delle suppellettili più preziose e le destina a Capodimonte o Portici; allo stesso tempo, nulla vieta ai semplici cittadini di autofinanziare i propri scavi finalizzati alla vendita di “souvenir” ai turisti stranieri. Altro che amore per la storia!
Da qui ,i tesori di Napoli sono sparsi ovunque; il 24 luglio del 1755, finalmente, il Re delibera che:….”si ponga rimedio acciò che questo Regno non vada, sempre più, impoverendosi di ciò che abbonda!”
A settembre dello stesso anno vengono stilate due liste contenenti le tipologie dei reperti, il loro valore e le sanzioni da applicare per ricettatori e ladri; ci si rende poi conto che pubblicare un vasto catalogo di ogni sorta di oggetto reperito può giovare ed allora, per questo, viene istituita l’Accademia Ercolanense”.
E’ il 1759, quando in Spagna, muore il fratellastro di Re Carlo che, il 7 di ottobre, si imbarca su di un galeone per raggiungere Madrid, sua nuova residenza e capitale.
Prima di partire come ultimo atto d’amore per la sua Napoli, si sfila dal dito un anello adornato da un’antica gemma preziosa ritrovata a Pompei.
Quell’anello, quella gemma, appartengono a questa terra.