A giugno, apre la nuova Terrazza delle Protee


Protea

In giugno, l’inaugurazione della Terrazza delle Protee
Le protee ora sono piante anche italiane.
Dopo 30 anni di tentativi, crescono nei
Giardini Borromeo sull’Isola Madre
La Collezione Borromeo sarà in mostra
da giugno a ottobre, nella stagione delle grandi fioriture

Ci sono voluti tre decenni e infiniti tentativi per arrivare al grande annuncio: la prima collezione ampia di protee a cielo aperto in Italia.
Il primato lo annunciano i Principi Borromeo che in questi trent’anni di tentativi hanno sostenuto il capo giardiniere dei loro Domini sul Lago Maggiore, il signor Gianfranco Giustina.
L’inaugurazione della Terrazza delle Protee, all’Isola Madre, è prevista per il prossimo mese di giugno, in concomitanza con la prima delle grandi fioriture di questa specie. La seconda è prevista a settembre ed ottobre; nel periodo di mezzo ci saranno altre piante tipiche della flora sud africana in fiore (gli agapanti, le gerbere, le gazzanie qualche specie di pelargonium e le kniphofie).
La nuova coltivazione arricchisce ulteriormente i giardini dell’Isola Madre che, per varietà di specie botaniche, sono uno dei più ricchi parchi botanici in Italia.
Il Parco Botanico dell’Isola Madre vanta una plurisecolare tradizione di acclimatamento e inserimento di specie provenienti da altri continenti e che qui hanno trovato un habitat ideale. Basti pensare a palme ed agrumi e al “Grande Vecchio dell’Isola Madre”, il celeberrimo Cipresso dell’Himalaya, oggi simbolo dell’Isola e della passione della Famiglia Borromeo per la botanica.
Le protee, arbusto dalla meravigliosa fioritura fiammeggiate, è simbolo del Sud Africa.. Le specie sino ad oggi censite tra Africa Australe, Australia, Nuova Zelanda e Sud America sono 117. Danno il meglio di se in ambienti caldi e secchi
Condizioni molto diverse da quelle offerte dal clima del settentrione italiano e soprattutto della zona lacustre.
Nel nostro paese tentativi di inserimento sono noti, a livello di ricerca universitaria, in Sicilia e da qualche privato collezionista.
Che la coltivazione delle protee alle nostre latitudini si presentasse un’impresa ardua se ne trovò conferma anche trent’anni orsono quando all’isola Madre si diede il via ai primi tentativi di piantumazione ed acclimatazione di questa specie.
L’idea era che in un giardino che si stava avviando a diventare uno dei più completi in ambito botanico dei più famosi della penisola, non potesse mancare una zona dedicata alla Flora Australe.
“Fu durante i primissimi anni ottanta – ricorda il signor Giustina, capo giardiniere di Casa Borromeo – che iniziò una corrispondenza con alcuni vivaisti Sud Africani che permise l’arrivo di semi freschi di protea. I tentativi di far germogliare questi semi tuttavia si mostrarono ben presto vani, le giovani e delicatissime plantule malgrado le amorevoli cure morivano inesorabilmente.
Si tentò quindi di percorrere un’altra strada e fu così che attorno al 1985 attraverso il famoso cacciatore di piante e vivaista inglese Sir Harold Hillier arrivarono all’isola Madre alcune giovani piante di protea e di Banksia serrata, un’altra proteacea questa volta australiana, molto decorativa.
Era questa la strada giusta, avere delle piccole piante da coltivare permetteva infatti di saltare la delicata fase della germinazione, come confermò la prima fioritura di una Protea cynaroides e di una Protea nerifolia che avvennero con grande soddisfazione nel 1988.
Ben presto si ebbe conferma che il clima ed il terreno dell’Isola Madre permettevano l’inserimento di questo arbusto ma ci si rese tuttavia anche conto che i grandi picchi di umidità tipici di questa area del Piemonte facevano morire le protee.
Malgrado questa constatazione i nostri abili giardinieri non si arresero e spronati nelle ricerche dalla Famiglia Borromeo cercarono nuove soluzioni per sormontare questi ostacoli.
Intanto sempre attraverso Sir Hillier, negli anni ottanta arrivò dal Cile una busta di semi di un’altra proteacea, l’Embothrium coccineum lanceolatum, chiamato “solforito” in onore della foggia a fiammiferi delle infiorescenze. Era veramente impensabile scommettere sull’acclimatazione di questa pianta ma il clima speciale dell’isola permise anche questo felice inserimento. L’albero di solforito divenne così grande (circa 6/8 metri d’altezza), che gruppi di persone si fermavano durante la fioritura ad ammirare i rami di fuoco di questa pianta addirittura visibile dalla costa durante la fioritura.
Parallelamente arrivano anche alcuni semi freschi dall’Inghilterra di un’altra protea tipica questa volta della Nuova Zelanda, la Telopea speciosa. Questi semi divenuti giovani piante furono messi a dimora in piena terra dove fiorirono per la prima volta nel giugno del 1992 in una calda terrazza esposta a sud. Un altro traguardo era stato raggiunto con grande soddisfazione, la via dell’acclimatazione sembrava ben intrapresa.
Tutto sembrava deporre al meglio ma come una potente scure la tromba d’aria che devasta l’isola Madre nel 2006 strappò e distrusse ad una ad una le protee, l’Embotthrium coccineum lanceolatum e la Telopea speciosa. Tanti anni di lavoro studio e ricerca vengono vanificati in una notte quando la furia dei venti del lago si abbatté sull’isola.
Si decide allora di risistemare alcune aree del giardino dedicando una terrazza, in un punto particolarmente caldo ed assolato, alla protee e ad altre piante tipiche della flora Australe forti dell’esperienza ventennale acquisita nella coltivazione di queste piante.
Per ovviare al freddo vento di tramontana che spira generalmente sull’isola dalle 7 alle 9 del mattino sull’isola si decide di creare una barriera frangivento composta da allori e da un filare di querce da sughero arrivate dalla Spagna. Si costruiscono quindi 8 aiole rettangolari e nel 2009 si piantumato finalmente le prime protee in piena terra. Grazie poi al felice incontro con alcuni esperti ed appassionati alcuni segreti sulla coltivazione delle protee vengono svelati ai nostri giardinieri che gelosamente li custodiscono”.
E’ così che oggi questo splendido fiore, multiforme come il dio greco da cui prende il nome, ha trovato finalmente un luogo ideale dove crescere e fiorire, portando una scheggia di vegetazione proveniente dall’altro emisfero alle nostre latitudini.

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