<em>Calendario delle festività romane: Dopo quattro giorni dalla fine dei Veneralia, a Roma veniva festeggiata la grande madre, Cibele. Le festività dedicate alla dea erano chiamate Ludi Megalesi (Le Megalesia o Megalensia). A Cibele venivano dedicate sei giorni di giochi scenici, dal 4 al 10 Aprile e in un primo momento si tennero di fronte al tempio della dea sul Palatino.
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Calendario Romano: Aprile, Aprilis: Venere e la fondazione di Roma Calendario delle Festività Romane: 1 Aprile – VeneraliaCibele la Grande Madre
Come per la maggior parte di tutte le divinità arcaiche è difficile inquadrare con esattezza l’origine del culto di Cibele.
Si racconta che Cibele fosse nota con il nome di Rea, la moglie di Saturno (equivalente greco del dio Crono), ma è anche conosciuta come: la Grande Madre, la Madre degli Dei, l’antica Vesta e molti altri appellativi con cui i romani si rivolgevano a lei. Spesso veniva confusa con Cerere, con Minerva con Tea e Tellure.
Originaria della Frigia, in Asia Minore, secondo la tradizione, era figlia di Meno, il fiume, e Dindimene , il monte omonimo. Fin dalla sua infanzia fu costretta a vivere sul Monte Cibele da cui ne prese il nome, nutrita dalle belve. Quando ritornò dal padre, si innamorò di un giovane pastore della Frigia, Attis, ma questo era innamorato della ninfa Sangaride, figlia del fiume Sangaro (secondo altre versioni invece Attis era figlio della ninfa Sangarite).
La dea, che con il suo carro trainato da leoni spiava il giovane, vide che il suo amato giaceva con la ninfa; arsa dalla gelosia ordinò che l’albero legato alla vita della ninfa fosse abbattuto con una scure. Il pastore, alla morte della ninfa per disperazione tentò di uccidersi, ma la dea mossa da compassione trasformò il giovane in un pino, albero poi consacrato alla dea.
La dea ebbe molti amori, fra questi, anche Giasone, colui che a capo degli Argonauti andò alla ricerca del Vello d’oro. Da lui la dea ebbe due figlie Coribande e Gorgia, la madre del re Mida.
Cibele dea della terra fertile, viene rappresentata in uno stato di gravidanza inoltrata, a volte in piedi, ma il più delle volte viene raffigurata seduta in segno di stabilità. Accanto alla dea si trova un timpano chiamato Disco che figura il globo e stringe nella mano uno scettro e nell’altra una chiave a simboleggiare l’apertura della terra all’uomo. Il capo di Cibele spesso viene adornato da fiori o altri elementi naturali. A volte sul capo porta una torre a simboleggiare la città a cui è chiamata a proteggere. La dea viene anche rappresentata su un carro trainato da due leoni o con accanto il pastore Attis ed il pino. I templi a lei dedicati di solito avevano una forma circolare a rappresentare la madre terra.
Attis – figlio o amante?
La figura di Attis viene tramandata in modo differente a seconda della fonte che racconta la leggenda. Infatti secondo una tradizione Attis era un pastore frigio di cui la Dea Madre se ne innamorò, secondo un’altra il giovane era un paredro della divinità, cioè una divinità secondaria legata a quella principale e quindi in questo caso a Cibele e visto dunque come suo figlio.
Un’altra versione Zeus era fortemente attratto da Cibele e in un atto di piacere lo sperma di Zeus caduto su una pietra generò il demone Agdistis. Gli dei dell’Olimpo, avendo paura del potenziale potere di questo demone essendo per metà maschio e per metà femmina, mandarono Dioniso che lo evirò lasciandogli solo gli attributi femminili. Il demone morì dissanguato, il sangue generò l’albero di melograno.
Nana, la ninfa e figlia del fiume Sangarios mangiò il frutto dell’albero nato dal sangue del demone e rimase incinta, partorendo in seguito Attis. Il giovane fu cacciato dal nonno Sakarya (il dio del fiume Sangarios) sulle montagne e qui allevato da una coppia di pastori. Cibele che vagava per le stesse montagne se ne innamorò, ma il ragazzo fu ucciso dal padre della dea. Secondo un’altra versione che sembrerebbe quella più arcaica a cui si ricollega l’evirazione da parte dei Galli (i sacerdoti della dea); Attis si innamorò della figlia del fiume Sangarios, la dea gelosa uccise la ninfa e il giovane fattore per il dolore si evirò. La dea mossa da compassione, restituì gli organi al giovane e lo prese al suo fianco.
Un’ulteriore mito racconta invece che Attis doveva sposare la figlia di re Mida, il demone Agdistis innamorato del giovane fattore per gelosia fece impazzire tutti compreso Attis che in un momento di follia si evirò sopra un pino.
Calendario delle festività romane: Il culto romano di Cibele – Megalesia
A Roma la dea veniva festeggiata attraverso le Megalesia. Il culto ebbe origine quando gli oracoli Sibillini predissero la disfatta di Annibale e dei cartaginesi se la Grande Madre fosse stata portata da Pessinunte a Roma. Fu così mandato un ambasciatore da Attalo, questo donò alla città di Roma una pietra nera che chiamavano “La Madre degli Dei”. Da questo evento ebbero inizio le Megalesie e i giochi Megalesi.
Durante la festività le donne romane danzavano dinanzi all’altare del tempio di Cibele, i magistrati si vestivano di porpora e secondo la legge era proibito agli schiavi parteciparvi.
La statua della dea veniva portata dai sacerdoti per le strade della città e si sacrificava un maiale gravido proprio per il collegamento alla fecondità della terra.
I sacerdoti della dea a Roma venivano chiamati Galli; secondo altri Coribandi, gli inventori del tamburo a cornice. Questi cantavano sotto estasi orgiastica alcuni durante l’esaltazione si evirano. A Creta invece venivano chiamati Cureti.
I giochi Megalesi erano delle rappresentazioni puramente sceniche che si tenevano sul Palatino di fronte al tempio della dea, successivamente nei teatri.
I Galli: i Sacerdoti di Cibele
I Galli a Roma erano sacerdoti che si erano evirati durante il Dies Sanguinis (Festività collegata alla dea Cibele e Attis), e nacquero quando il 4 Aprile 204 a.C. la festa entrò fra quelle ufficiali romane.
Sul motivo di tale nome svariate sono le ipotesi lasciateci dai letterati. Secondo Stefano di Bisanzio il nome proveniva da un re chiamato Gallus, secondo Ovidio invece il nome deriverebbe dal fiume Gallo in Frigia, Molto probabilmente il termine deriverebbe dai Gallu, dei demoni degli inferi originari della cultura Mesopotamica consacrati in origine a Enki, il dio mesopotamico dell’acqua.
Si ipotizza che i sacerdoti fossero degli schiavi o uomini provenienti dall’oriente perché, secondo la legge romana, i cittadini liberi non potevano essere evirati. Il divieto fu revocato sotto il dominio di Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico per poi essere introdotto nuovamente sotto Domiziano.
Ogni nuovo sacerdote si auto-evirava durante il Dies Sanguinis, il 24 Marzo, indossavano tuniche femminili quasi sempre di colore giallo con un turbante sul capo. Portavano al collo e alle orecchie monili femminili, tingevano di bianco i lunghi capelli e si truccavano con un pesante make-up.
Giravano con il proprio seguito chiedendo l’elemosina ed in cambio profetizzavano il futuro. Durante la ricorrenza della morte di Attis, vagavano per le strade in un’estasi di dolore fustigandosi fino a fuor uscire il sangue dalle membra suonando la siringa, una sorta di flauto di pan, ed il tamburello.
I Galli e l’atto dell’evirazione sono collegati alla figura di Attis e all’evirazione che si provocò per il dolore di aver perso la sua amata.