È cinese il computer più potente del mondo


 Si chiama Sundai TaihuLighted è cinese il nuovo re dei petascale

Il record del mondo è ancora cinese, e la notizia non ci stupisce più di tanto. Sempre cinese era infatti Tianhe-2, il super computer a detenere il precedente record di velocità di calcolo anche se c’è da dire che il computer montava al suo interno componentistica non prodotta esclusivamente in Cina. Ed è forse in virtù di ciò che il nuovo record del mondo assume uno spessore completamente diverso. Sundai TaihuLight è infatti il nuovo computer più veloce del mondo, ed è il primo ad essere assemblato con processori progettati e prodotti in Cina.

Ultimo e più grande campione nella classifica dei computer petascale (cioè quelli la cui velocità di calcolo si misura in PetaFLOPS), il nuovo super computer è capace, nel dettaglio, di eseguire 93 quadrilioni di calcoli al secondo, essendo sorretto da un’architettura a ben 41mila chip, dimostrandosi di circa tre volte più performante del suo predecessore. Il progetto è della Chinese National Research Center of Parallel Computer Engineering & Technology, che ha disposto il calcolatore all’interno del National Supercomputing Center di Wuxi (Jiangsu) e fa parte del lungo ed articolato progetto di sviluppo tecnologico della Cina che, specie dal 2015, sta lavorando per staccarsi del tutto dalla dipendenza di componentistica dai paesi esteri.

 

Gli USA, in particolare, dal 2015 hanno imposto un divieto di esportazione in Cina dei chip ad altissime prestazioni, lasciando il paese “a secco” di una serie di componenti da sempre appannaggio dei paesi esteri. Ciò, unito all’alto costo di importazione dai paesi limitrofi, ha fatto si che la Cina optasse in definitiva per lo sviluppo interno, con un programma governativo (Program 863) con cui lo sviluppo tecnologico è fortemente incentivato. La Cina in questo senso sta cercando di scalzare e surclassare lo stra-potere tecnologico statunitense, che, sia dal punto di vista progettistico che manifatturiero, è storicamente superiore alla media mondiale, specie grazie allo sviluppo delle tecnologie belliche e spaziali.

La manovra di chiusura statunitense avviata, come detto, nel 2015, è una diretta conseguenza dell’espansione cinese nel campo della tecnologia di alto livello. Proprio il capostipite dei super computer cinesi, il Tianhe-1, era stato al centro di una bufera internazionale, essendo stato utilizzato per operazioni nucleari, e montando al suo interno microprocessori ed altri componenti provenienti dal bacino tecnologico delle più importanti società americane quali Intel e Ibm da cui la decisione di embargo. Sundai TaihuLight è comunque solo l’ultimo arrivato di quello che è uno sviluppo che, a prescindere dalla politica degli ultimi anni, la Cina sta proseguendo ormai dagli inizi del 2000; basti pensare che, da allora, (epoca in cui la Cina non era presente nella Top500 dei super computer) sono circa 167 i supercomputer presenti su suolo cinese, contro i 165 presenti in USA. È il caso di dirlo: qualcosa è cambiato.

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