La domenica dopo pranzo, la partita trasmessa alla radio, la schedina del Totocalcio, “Maria Pia, vai dal tabaccaio a giocare la schedina”, la voce rassegnata di papà: “Anche questa settimana ho perso il 12 per una X” e poi l’Almanacco, l’album delle figurine, Michel Platinì alla Juve e Diego Armando Maradona al Napoli. Questo il mio ricordo del calcio, quello bello, quello che faceva battere il cuore a tutti.E poi interi pomeriggi a tirare calci ad un pallone.
Si giocava a “passaggi e tiri in porta” quando si era in pochi.Dopo le 17.00 una “partitella” ci usciva sempre.
E poi c’era il Subbuteo, un altro modo di “giocare a calcio”.Insomma la forbice tra “pallone” e “calcio” sembrava non essere poi così aperta.
Oggi, invece, “il pallone” è quasi del tutto scomparso.Resta forse solo ai piedi dei più piccini, ma certo non è un Super Santos ad essere calciato.
Forse una pallina con l’immagine di un personaggio dei cartoon.L’amico Super Santos, quello che il portinaio bucava perché prima delle 17.00, “dint’a cuntr’ora”, non era consentito giocare a pallone; quello per cui ci si stendeva sull’asfalto per poterlo recuperare da sotto le auto dove puntualmente restava incastrato; quello che finiva spesso sui balconi dei primi piani; quello arancione con le strisce nere e la valvolina gialla, quello che costava circa 500 lire (o forse meno) dove è finito?
Se lo chiede anche Tommaso Mandato, calciatore, procuratore, avvocato esperto di diritto dello sport, autore di “Abbasso il calcio, viva il pallone”, edito da Homo Scrivens, con il quale analizza l’evoluzione (e/o involuzione) del calcio adottando un simpatico espediente narrativo e raccogliendo le testimonianze di calciatori, allenatori, talent scout e tifosi, insomma di “addetti ai lavori”.
C’è differenza tra calcio e pallone?Tommaso Mandato, autore di “Abbasso il calcio, viva il pallone” ci invita ad una riflessione
Tommaso Mandato in “Abbasso il calcio, viva il pallone” sottolinea la dicotomia tra calcio professionistico, vero e proprio palcoscenico oramai, e quello giocato in strada sotto il cielo aperto tra vicoli e cortili, un “calcio” quest’ultimo che parla di comunità, di relazioni umane, di una passione senza fine in grado di sfidare anche le condizioni più sfavorevoli.
Da bambino prima e da ragazzo poi, vivevo per il calcio, il Pallone era un compagno di fatto inseparabile. È difficile poter spiegare quel tipo di rapporto perché era un comportamento naturale, era normale o quanto meno non insolito passare dodici-quindici ore con un pallone, pallina e/o qualsivoglia cosa che potesse rotolare, stando in un cortile o in una casa, stando da solo o con gli amici.
In poche parole era soprattutto “gioia pura e assoluta”» mi lasciai andare a uno sfogo dal tenore malinconico.
Il libro beneficia della prefazione di Maurizio de Giovanni e della postfazione di Enzo Decaro.Inoltre include contributi di figure note che arricchiscono il testo con le loro esperienze e visioni del mondo del pallone e del calcio.
Tra tutti, il piacere di leggere le parole di Fulvio Collovati che nei miei ricordi resta il ragazzo dai grandi riccioli in alto a destra nella foto della formazione dell’Italia dei Mondiali dell’82; le parole di Nunzia Schiano, attrice che amo e stimo profondamente; e ancora le parole di Pino Porzio, pallanuotista, tra gli sportivi italiani più vincenti di sempre, campione che ho avuto l’onore di avere accanto lo scorso anno all’ISFF e le parole di Antonello Perillo, giornalista vice direttore della Tgr RAI nazionale che incanta per garbo e professionalità.
Nostalgico e dolce il ricordo del Direttore Antonello Perillo: «Sono davvero tanti gli episodi che potrei raccontare legati al mondo del pallone.Come tifoso mi piace ricordare la mia prima partita allo stadio.
Mio padre disse: “facciamolo iniziare bene”, e il mio debutto nel tempio di Fuorigrotta fu celebrato in occasione di una fantastica amichevole di lusso: 114
Napoli-Santos con il grandissimo Pelé e con gli azzurri che schieravano, tra gli altri, altri due campioni brasiliani come Sormani e Altafini.Era il 5 marzo del 1972.
Una data che
porto impressa indelebilmente dentro di me.Da giornalista, invece, porterò sempre nel mio cuore, trattanti aneddoti, le interviste che in esclusiva realizzai per più di due-tre mesi a
Diego Armando Maradona.
Era l’autunno del 1989, il fuoriclasse argentino decise di dar vita a un lungo silenzio stampa dopo essere rientrato a Napoli dall’Argentina a campionato
iniziato.Aveva litigato con il presidente Ferlaino ed era molto dispiaciuto perché diversi articoli di stampa lo avevano ferito nel privato.
Consapevole di essere un personaggio mediatico a livello mondiale, decise di far sentire comunque la sua voce anche in quel periodo e lo fece puntando su un solo giornalista: bontà sua, scelse me che ero giovane direttore di Canale Otto, un’emittente privata napoletana.Misi a segno decine di interviste, che venivano sistematicamente rilanciate dalle testate televisive, dai giornali e dalle agenzie di stampa.
Per me fu un inatteso e improvviso boom di popolarità.Un giorno chiesi a Diego come mai avesse scelto proprio me, lui mi rispose: “Perché tu non sei cattivo e anche quando fai una critica, la fai con gentilezza».
“Abbasso il calcio, viva il pallone” di Tommaso Mandato è un viaggio nei ricordi, quelli che l’autore abilmente mescola, ma anche quelli che inevitabilmente affiorano nella mente del lettore che, pagina dopo pagina, ricorderà ginocchia sbucciate, maglie strappate, ma anche momenti irripetibili carichi di magia.
“Abbasso il calcio, viva il pallone” di Tommaso Mandato, edito da Homo Scrivens è disponibile anche su Amazon.
Buona lettura!