Il Civismo politico: un diario tra percorsi e limiti


Il libro di Stefano Rolando “ Civismo Politico – Percorsi, limiti, un diario”

Edito da Rubbettino, il libro tratta di uno dei più importanti fenomeni di induzione di sentimenti critici ma partecipativi verso la politica.

Il senso è certamente quello di contenimento dell’astensionismo e al tempo stesso di creazione di percorsi collaborativi per generare, con spinte dal basso, autoriforme o pezzi di autoriforma dei partiti che contengono ancora al proprio interno qualche qualità partecipativa. Naturalmente civismo e partiti hanno anche un ambito importante di condivisione di spazi, valori, obiettivi, memorie, tecniche, sguardo sociale, cultura dell’ascolto. Questa condivisione rende possibile il dialogo tra chi ha magari diverse opinioni su punti di rilievo: forma, modello, identità dell’agire politico, priorità, modalità e selezione dell’agenda.

Il fenomeno delle  “liste civiche” è internazionale e variamente diffuso, e ha, naturalmente, alle spalle un suo pregresso, un album di famiglia che raccoglie immagini antiche e moderne: di piazza e di scopo, referendarie e pacifiste, ambientaliste e femministe, per l’etica e la legalità, contro infrastrutture e uso rapace del suolo, per i diritti civili e per il diritto allo studio e al lavoro. Sigle note (dai Girotondi a Se non ora quando) e sigle stemperate dentro tante stelle accese per questo o quel tema inquadrato nella scoperta politica dei beni comuni. Tante storie di mobilitazione che sommano antimafia (l’estate delle “lenzuola bianche” a Palermo con l’uccisione del Giudice Paolo Borsellino del luglio 1992 dopo l’omicidio del giudice Falcone), pro – Costituzione, no – tav ed infinite altre cause. Non tutte simili, nè convergenti, e neppure pertinenti rispetto all’ evoluzione del civismo politico. Con cause sociali interne e, lungo almeno due secoli, cause sociali globali attorno a vicende antiche (come l’emigrazione) e a nuove dinamiche (come l’immigrazione); dunque, comprendendo solidarismo e resistenza alla diversità.

 

Insomma fenomeni di quello che oggi, in materia di diritti civili e processi migratori, può essere considerato un movimento civico senza strutture e senza una vera e propria organizzazione anche se essi sono connessi ma anche distinti. Vi è quello senza bandiere che si è riconosciuto nella spontanea rivolta civile della città dopo il sacco nelle vie del centro storico prodotto in concomitanza con l’apertura di Expo dai nuclei di violenza urbana, una banda di 600 addestrati, cosa diversa di “quattro teppistelli” dichiarati sulle prime dal premier Renzi. Che è parte di quella “cittadinanza attiva” di cui parla Pisapia.

Vi è quello nato dal raccordo di alcuni assessori non espressione del Pd ma non “tecnici” della Giunta Pisapia (Benelli, Bisconti ,D’Alfonso ,De Cesaris, Tajani) di promuovere la valorizzazione dell’operato della giunta che è all’opera fino al 2016 e di lanciare il tema della continuità nel quadro di una sorta di “partito municipalistico” che ne compatti la fisionomia. Rifiutando l’ideale che si formi al riguardo un partito degli assessori «schema completamente archiviato con l’elezione diretta del Sindaco».

Vi è quello del Movimento “Milano Civica”, gli arancioni della prima ora presieduto da Nanni Anselmi che ha aperto la riflessione sul 2016 chiamando un tavolo “tecnico”, cioè di esponenti delle università, delle istituzioni autonome, dei media (moderato da Andrea Boitani) per aggiornare il rapporto tra domanda e offerta di politica «nell’interesse» della città.

Vi è quello che Umberto Ambrosoli tiene in sollecitazione con una propria associazione di cittadini (aggregati al tempo della campagna elettorale tra il 2012 e il 2013) che, per il momento, non si esprime sulla scadenza del 2016 ma che viene riconosciuto dai primi sondaggi di opinione con un forte dato di notorietà e di gradimento.

 

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