“In un mare senza blu” di Francesco Paolo Oreste (recensione)


Nel suo ultimo lavoro “In un mare senza blu”, pubblicato da I Dobloni – Il Covo della Ladra, Francesco Paolo Oreste conduce il lettore tra le mura delle abitazioni del Vico Stella, un angolo di Napoli che tuttavia rappresenta un microcosmo universale, uno di quei quartieri che è possibile trovare in ogni città e che inevitabilmente influenza il destino di chi vi nasce.

“Le vie della città del sole sono invase da un caldo asfissiante che ottunde e sfibra.C’è, però, la luce, che le inonda e le illumina.

E non è poco, e non è niente.Si suda, l’aria si fa afa e ondeggia sospinta da un timidissimo e impolverante libeccio.

Ogni cosa è piena, di sole e di sale.Tranne il vico.”

La narrazione si snoda attraverso le vicende di Michele, Ciro e Mario, il cui destino appare quasi subito segnato dalla nascita nel Vico Stella.

I tre bambini trovano però un un faro nella notte nella loro indissolubile amicizia.Perché loro, come la plastilina, possono fondersi, modellarsi e diventare più resilienti.

“L’anima dei bambini non ha la scorza, è scoperta.

Per questo si vede meglio.Per questo profuma di più.

Per questo è più vulnerabile.E per questo le anime dei bambini, quando si incrociano, si intrecciano e si mischiano.

Come la plastilina.”
Francesco Paolo Oreste, autore e ispettore di polizia, esplora con profonda conoscenza la vita di coloro che spesso si trovano marginalizzati dalla società fin dalla nascita, intrappolati in un’esistenza segnata da violenza e degrado, oltre che da sogni infranti e speranze annientate.In questo mondo, descritto realisticamente da Oreste, non c’è spazio per il blu.

A predominare sembrano essere solo le tonalità del nero.

Francesco Paolo Oreste

“In un mare senza blu”: il terrore di Michele, il disagio di Ciro, il destino di Mario

“In un mare senza blu” è un racconto crudo ma necessario, che sfida il lettore a riflettere su come, prima di essere emarginati, tutti sono stati bambini meritevoli di anni migliori, vissuti tra dolcezza e sicurezza, e non tra violenza e degrado.Oreste utilizza frasi brevi e incisive, simili a coltellate, che contribuiscono a creare immagini vivide e cinematografiche, rendendo il dolore narrato ancora più palpabile.

“E uno schiaffo ogni due parole, per sottolinearle.

Per aggiustarle.Perché non funzionano.

Perché Ciro non risponde, non dice sì, non dice che non lo farà più.Due parole e uno schiaffo.

Uno schiaffo e due parole.

«E domani vieni a lavorare con me, Tanto a scuola  fai schifo.Te lo faccio vedere io come campa un uomo»

E mazzate.

E  domani arriva.E Ciro non è nella sua stanza.

E la macchina di Gennaro è un tizzone ardente, che illumina un’alba incosciente”

Un libro che, senza alcun dubbio, lascia un segno.Addentrarsi nel Vicolo Stella e vivere le storie dei suoi abitanti è doloroso e straziante, così come lo è distaccarsene quando oramai si conoscono i destini di chi arriva a temere anche “il niente”.
“Il vico è il regno degli odori che non vanno via, del vuoto senza spazio intrappolato nelle case senza finestre, del niente che, immobile, ristagna e macera in disperata attesa del niente che seguirà.

Ma pure il niente fa paura…”

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Buona lettura!
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