“Primule fuori stagione” è il primo romanzo della scrittrice napoletana Luciana Pennino.
Edito da Iuppiter Edizioni, il libro è un tragicomico monologo attraverso il quale il lettore viene catapultato nelle vicende di una donna che, dopo aver perso il proprio lavoro, è costretta a “rimboccarsi le maniche” per dare nuova luce alla propria vita.
In questo zoppicante cammino verso un incognito futuro, la protagonista si ritrova a doversi confrontare con le gioie e i dolori del suo passato.
Una storia coinvolgente che si legge tutta di un fiato grazie anche all’utilizzo di un linguaggio moderno che rende la scrittura piacevolmente fluida.
Gradevole l’idea di utilizzare il dialetto napoletano per sottolineare “i pensieri” della protagonista.
Un romanzo che insegna ad affrontare le “battute d’arresto” della vita con determinazione ed autoironia.
La Redazione del Pragma Magazine ha avuto il piacere di incontrare Luciana Pennino dopo averla conosciuta attraverso la lettura delle pagine del suo libro ed un interessante scambio di mail.
• Come nasce “Primule fuori stagione”?
Il mio romanzo, quando era solo un manoscritto che non sapeva cosa volesse fare da grande (come l’autrice), nasce proprio da un licenziamento consegnatomi a sorpresa… e da lì, tutti gli stati d’animo descritti. Perché se la storia non è del tutto autobiografica, le sensazioni e il patire, quelli sì, sono miei: una donna che perde il lavoro, e repentinamente, e a una certa età, e in una città difficile come Napoli, facendo saltare i propri equilibri già precari. Quindi la scrittura è stata il mio balsamo, ha attenuato il senso di dignità in pezzi che arriva quando non si ha più un impegno quotidiano, non più fonti di sostentamento…
• La protagonista del Suo romanzo è ben equipaggiata di autoironia, vive stati emotivi altalenanti, sospira al ricordo di partner sbagliati, coraggiosamente attraversa ogni emozione e alla fine sceglie sempre di rialzarsi. Possiamo affermare che la protagonista del romanzo possa essere una sorta di Bridget Jones partenopea?
Mah… lascio a lei, e agli altri lettori, l’accostamento a Bridget Jones, o ad altri personaggi noti, molto più della protagonista senza nome del mio romanzo. Per me, la nostra eroina è una donna comune, con una storia, ahi noi, molto diffusa, che su se stessa apre ampi sorrisi e versa copiose lacrime, che nella sua mente fa albergare confusione e lucidità, che inciampa e si risolleva, che si fa imbrigliare nei grovigli della vita e da essi si libera, fino ad arrivare a rintracciare la propria vocazione per ricostruirsi, cosa che, forse, le farà tenere le primule sempre fiorite…
• Qual è il Suo rapporto con Napoli, la sua città natale?
Attrazione e repulsione, voglia di fuggire e attaccamento. In questo preciso momento, è una città che mi sta molto stretta…
• Ha altri progetti “in cantiere”?
Ne ho sempre, e tanti, e non solo di scrittura. Le sfide, gli stimoli, i lavori della mente e dell’anima sono il mio ossigeno. Un altro romanzo verrà, quando sarà il suo momento (e capisco che quest’affermazione per molti suonerà come una minaccia…!).
• Cosa significa per Lei scrivere?
È scollarmi dalla realtà. E mi da’ la possibilità di interpretare tanti personaggi, diversi tra di loro e diversi da me, accomunati, però, dal medesimo stile… un po’ come quando si recita.
• Chi è Luciana Pennino?
È passione per la vita.