“La ragazza sulla sdraio” di Massimo De Siena – Recensione


“La ragazza sulla sdraio” (Graus Edizioni) di Massimo De Siena – Ho letto questo libro mentre ero in viaggio. Si tratta di una storia in parte inspirata alla vita reale dell’autore. De Siena è, infatti, un medico-chirurgo come il protagonista del libro, il Dr.Marco De Felice.

Negli anni 70-80 l’autore si è ritrovato spesso ad assistere pazienti che presentavano gravi ferite da arma da fuoco conseguenti alle guerre camorristiche di quegli anni. Anche il Dr. Marco De Felice, giovane medico specialista in chirurgia, in seguito ad un insolito incontro, si ritrova impelagato in una storia di criminalità organizzata.

“La ragazza sulla sdraio”– Trama

Napoli, anni ’80 – Nel cuore di un grande e problematico quartiere sorge un nuovo ospedale, affollato in tutte le ore del giorno e della notte. Marco è un giovane medico specialista in chirurgia che si dedica anima e corpo alla sua professione. Il giovane medico è dotato di un invidiabile intuito investigativo. La sua vita prende una piega imprevista quando si trova coinvolto in una rete di personaggi molto diversi da lui, che sconvolgeranno la sua routine quotidiana, mettendolo di fronte ad una realtà che prima gli era sconosciuta.

La ragazza sulla sdraio

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Un crescendo di suspence e colpi di scena

Il romanzo per alcuni versi mi ha ricordato “Non ti muovere” di Margaret Mazzantini. La trama è  ovviamente diversa; l’unica analogia sta nel fatto che entrambi i protagonisti sono medici che in un contesto poco borghese riescono a ritrovare una parte di se stessi. Rosa (La ragazza sulla sdraio) e Italia (Non ti muovere) consentono rispettivamente a Marco e a Timoteo di abbassare la maschera che la società borghese impone loro.

Lo stile narrativo di De Siena è accattivante. Le vicende si intrecciano in un crescendo di suspence e colpi di scena. Altro protagonista del romanzo, oltre al Dr. Marco De Felice, è il caffè; da quello del Gambrinus (storica caffetteria napoletana) a quello preparato dalle mani di Rosa. C’è almeno un caffè in ogni capitolo (non li ho contati, ma credo sia proprio così).

“Vi porto il caffè” – e uscì a occhi bassi. Dopo un caffè, forse troppo dolce, entrò in reparto

Il caffè si era raffreddato. Marco lo bevve ugualmente prima di accomiatarsi.

Aveva dormito poco e male. Davanti ad una tazzina, rimirando il fondo di caffè, Rosa fissava un punto imprecisato davanti a sè.

Dottore bello! Accomodatevi. Ora mando a prendere un caffè. Lo gradite?”

Insomma una lettura che vale un pieno di caffeina, ma di quella buona perchè, come recita il testo di una famosa canzone “Sul a Napule o sann fà”.

Libro consigliato a tutti perchè in ognuno di noi c’è una parte ambigua che, il più delle volte, si preferisce tenere sotto terra nel timore di apparire inadeguati agli occhi di una società che ci vuole “perfetti”.

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