“Una sirena a Settembre” di Maurizio de Giovanni, recensione


Dall’inesauribile penna di Maurizio de Giovanni nasce “Una sirena a Settembre” edito da Einaudi. In perfetto equilibrio tra dramma e commedia, de Giovanni ci regala un libro che appare già come un film.

“Una sirena a Settembre”, trama

“Una sirena a Settembre” ha come narratore speciale “La Signora” che apre, chiude e da’ spiegazioni con amorevole pazienza, un pizzico di rassegnazione e tanta saggezza al suo interlocutore, ovvero ‘o giovinò che fa lo scrittore.

Perché dovete sapere che la Signora racconta. Voi arrivate, prendete posto su una pietra piatta, un blocco di tufo che pare sorgere dal suolo quasi fosse una pianta fossile, e lei comincia a parlare. E quando uscirete frastornati dal vicolo, convinti di essere stati lì pochi minuti, sarà invece sera o sarà mattina, il contrario dell’ora in cui siete arrivati. Si muovono un sacco di magie, attorno alla Signora”.

Protagonista delle vicende narrate è ancora una volta Mina Settembre, l’affascinante assistente sociale del consultorio dei Quartieri Spagnoli. Questa volta due fatti non appaiono chiari a Mina,  quello che riguarda un’anziana donna che viene scippata e finisce in coma e quello relativo ad un’immagine mandata in onda da una televisione locale che ha come conseguenza non poche ritorsioni nei confronti di Mina. Accanto a lei l’immancabile ginecologo del consultorio, il Dott. Domenico Gambardella (chiamami Mimmo), il magistrato ex marito di Mina, Claudio De Carolis, l’intraprendente portinaio Rudy Trapanese, Concetta, la caustica madre che non perde occasione per far abbassare a Mina il proprio livello di autostima e tanti altri personaggi che danno vita a storie apparentemente diverse.

“Le vite delle persone, giovino’, e quindi le storie, sono fatte di connessioni. È come se questo quartiere, con tutta questa gente, e la città con tutta questa gente e il mondo intero con tutta la gente che c’è fossero un unico, immenso arcipelago di isole che però sono disancorate, si possono muovere, senza ponti, alla deriva, e ogni tanto due vengono a contatto e qualcuno si sposta da un’isola all’altra. Ti piace, questa immagine? Bella, eh? Me la devo ricordare”.

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Recensione

L’inconfondibile stile narrativo di de Giovanni non delude mai. Il lettore non fa alcuna fatica. Le minuziose descrizioni di de Giovanni aprono nella mente del lettore grandissime immagini. Non occorre fantasticare. E’ tutto lì, nelle righe che scorrono piacevolmente fluide.   

“Accese un computer – un reperto di archeologia industriale che presto avrebbe raggiunto un certo valore sul mercato del vintage – consentendo alla macchina di dare inizio ai quarantacinque minuti necessari per l’avviamento; sistemò il telefonino nell’unico spazio sfuggito alla totale assenza di campo, l’angolo destro del davanzale dell’unica finestra che dava forse su un cortile interno (la formula dubitativa era dovuta agli strati di sporco che rendevano la lastra trasparente quanto l’acciaio); appese l’impermeabile a un chiodo che un tempo, secondo la volontà di chi l’aveva preceduta, aveva sorretto la fotografia di un presidente del Consiglio da lei ritenuto antitetico ad alcune attività che si portavano avanti in quel luogo; depose la borsa dal contenuto sedimentario, per gran parte ignoto a lei stessa, ma dal peso specifico affine all’osmio. Sedette, riscuotendo il solito gemito dell’antica sedia con lo schienale alto e miracolosamente confortevole…”

Il romanzo illustra un aspetto peculiare della città di Napoli ovvero la coesistenza di diversi strati sociali nell’ambito dello stesso raggio territoriale.  Il consultorio è l’espediente utilizzato per unire al meglio mondi totalmente distanti.

“Non guarda la televisione e legge la sera. E poi dicono che i delinquenti siamo noi”

Come dicevo in premessa,  dramma e commedia sono in perfetto equilibrio. Se, ad esempio, da un lato troviamo la storia della ragazza che ha perso l’uso delle gambe a seguito di un atto di violenza subito da un padre alcolizzato, dall’altro non possiamo che sorridere per i siparietti profusi da Concetta.

“Se mai ci sarà un altro pazzo che voglia dividere il letto con te, ricorda di alzarti prima che si svegli lui. Quando dormi fai schifo.”

E’ sicuramente la Signora il personaggio più amato dell’intera vicenda. Confesso che nel leggere le parole della Signora ne ho sentito la voce, quella di due meravigliose attrici napoletane. Mi auguro che nella trasposizione cinematografica il ruolo della Signora venga assegnato ad una delle due che sono nella mia mente.

Intanto vi invito a leggere il romanzo. Provate anche voi a sentire la voce della Signora. Poi, mi direte quale voce vi sarà arrivata.

 

 

 

 

 

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