La Pasqua sacra e profana di Napoli


La festività religiosa della Pasqua e la sua musica

Napoli è una città cosmopolita, una metropoli multietnica e perciò, per definizione, multiculturale; può accadere di percorrere a piedi l’ affollatissima Via Toledo, dove l’ unica economia che gira sembra essere quella dello Street Food (che i napoletani hanno già trasformato in Strit food), mentre i cortei dei devoti della Madonna dell’ Arco partono dal cuore della Pignasecca e arrivano, con trombe e fragore di tamburi, fino a Piazza Trieste e Trento, all’ altezza della chiesa di San Ferdinando, gioiello di arte barocca poi rimaneggiata nei secoli successivi.

E’ in questa chiesa (che ha visto nel 2011 la celebrazione del Giubileo degli Artisti) che, nel pomeriggio del 28 marzo c.a., l’ Orchestra Collegium Philarmonicum, ensemble che raccoglie giovani musicisti campani sotto la guida di docenti provenienti dal San Carlo e da vari Conservatori, ha eseguito in maniera mirabile lo “Stabat Mater” di  Pergolesi e la versione arricchita di Paisiello. Sotto la direzione del Maestro Gennaro Cappabianca  si sono esibiti: Clarissa Denise Costanzo (soprano), Elsa Tescione (mezzosoprano), Giuseppe Armando Valentino (Tenore), Carlo Feola (basso) e Gianni Lamagna che, da solista, ha regalato con la sua voce due perle al numerosissimo pubblico presente.

L’ impegno e la professionalità di tutti, musicisti e cantanti, hanno permesso anche ad un orecchio profano come quello di chi scrive, di elevare una preghiera in questo tempio pacificamente invaso dalle note e dall’ incenso; non solo, infatti, il rigoroso pubblico dei grandi eventi di musica classica era presente, ma anche i colleghi, gli estimatori degli esecutori materiali di cotanta bellezza, oltre a gruppi familiari con bambini al seguito i quali, deliziati da quella strana musica, hanno ascoltato in un silenzio ammirato ma soprattutto ammirevole, un silenzio che veramente si ammantava di significato religioso. Inutile, dunque, l’atteggiamento scontroso del purista, che zittisce il pubblico e i continui applausi tributati a cantanti ed orchestrali; l’ entusiasmo per le esecuzioni impeccabili, per quelle emozioni che hanno toccato le corde più nascoste dell’ animo, vivendo l’ evento musicale con l’ orecchio teso agli acuti e gli occhi impegnati a frugare la volta affrescata da de Matteis, è stato trattenuto con compostezza fino alla fine del programma. Solo allora, a dispetto della protervia dell’ esperto, anche il popolo più “pop” ha potuto esprimere il suo apprezzamento, anche perchè, all’ interno di questo percorso musicale, si è potuto ascoltare un Gianni Lamagna che solo ai più sembra inedito; in realtà non è di oggi la sua frequentazione del repertorio seicentesco e di un’ impostazione vocale più vicina a quella del “Bel canto”, come ebbe a dar prova ne “Lo cunto de li cunti” di de Simone.

Chiudere un evento musicale di così alta fattura con la voce di Lamagna che intona il canto devozionale alla Madonna dell’ Arco, le cui celebrazioni cadono proprio nel giorno del lunedì in albis, è stato il giusto trait d’ union tra la composta platea riunita in chiesa e la folla festante dei fujenti che si riversavano in Via Toledo. Napoli a Pasqua, ormai dalla fine del Quattocento, riesce a realizzare questo connubio ogni anno, tra la Passione di Cristo e le devozioni popolari che ne conseguono.

Con buona pace dei puristi.

navata della Chiesa di San Ferdinando
navata della Chiesa di San Ferdinando

 

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