Queen of Bulsara: un concerto a Napoli per festeggiare i quaranta anni di “A Night at the Opera”
Nella tensostruttura della Casa della Musica si è tenuto il 10 ottobre c.a. il concerto di una delle tribute band più apprezzate dei Queen, che hanno al loro attivo circa dieci anni di attività sul territorio italiano.
Propongono a Napoli uno spettacolo ben congegnato, impiegando abiti e strumentazione originale e, soprattutto, non interpretano o rivisitano i brani più famosi dei Queen secondo la loro visione ma, con grande accuratezza, studiano ogni canzone e la eseguono con l’intento di rispettare la versione originale, sia essa quella di un live, sia essa quella di una registrazione in studio. Musica di maniera, dunque; esattamente ciò che un fan si aspetta di ascoltare.
Tutto molto curato, dal trucco alle coreografie: Vito Di Costanzo (Brian May) e la Red Special funzionano egregiamente nel ruolo, da “We will rock you” fino all’emozione suscitata dall’ unplugged “Love of my life” che ha replicato, nei minimi dettagli, come un quadro d’autore, quella sera del 1986 a Wembley. Inappuntabile il batterista Ottavio Liguori (Roger Taylor), il basso di Stefano Di Meglio (John Deacon), come tutti i buoni bassi, fa la sua degna parte e il vero regista sembra essere Salvio Schiano (keyboards), metà dell’anima e del talento di Freddy Mercury, che non disdegnava affatto di suonare il piano.
E poi c’è il lead vocalist, quel Vincenzo Castello che non tralascia nulla per entrare distintamente nei panni e nella fisicità di una delle icone più controverse e rappresentative del secolo scorso; non è alla portata di tutti, infatti, attraversare la porta oscura di alcuni brani storici dei Queen (un esempio potrebbe essere Somebody to love) ed uscirne indenni, come è accaduto sulle parti più impegnative di “Innuendo”, dove si rischia tanto. Ai Queen of Bulsara va ascritto questo merito e l’entusiasmo del pubblico sembra confermarlo. Sfida il mito, Castello, ma lo fa con grande rispetto, senza irriverenti pretese nei confronti della eccezionale timbrica che ha caratterizzato la carriera di Mercury come è avvenuto in “Who wants to live forever”, mentre i trecento impavidi fans ballano “Don’t stop me now” incuranti della bomba d’acqua che si è abbattuta sulla città.
Inevitabili i bis e la doverosa conclusione di Castello bardato dalla Union Jack, e l’ultimo cambio di scena lo vede coperto del manto regale e della appropriata corona: God save the Queen. Forever.
ph: Fiorella Passante