Sindrome della Capanna – Dopo oltre mesi di lockdown si ha sensazione che tutto ciò di cui si ha bisogno è in casa. Allungare la quarantena di qualche settimana non pesa più. Al contrario, è più facile restare ancora qualche giorno in casa che uscire nuovamente in strada.
E’ una dimensione emotiva che negli ultimi giorni sembra riguardare diverse persone ed è quella che in psicologia viene chiamata “Sindrome della Capanna”.
Non un disturbo psicologico
La sindrome della capanna (o cabin fever) non è un disturbo psicologico. E’ una reazione emotiva del tutto normale che si sviluppa a seguito di un lungo periodo di isolamento. Nel caso della pandemia da coronavirus, c’è da dire che detta reazione trova anche un fondamento importante, dal momento che la possibilità di restare contagiati non è ancora del tutto svanita.
Inoltre, la condizione di isolamento, seppur non volontaria, ha permesso alle persone di avere maggiore tempo da dedicare a se stesse, ai propri familiari e ai i loro hobby, evidenziando maggiormente quanto fosse frenetica la vita precedente al lockdown. Anche per quest’ultimo motivo sussiste una certa riluttanza a riprendere ritmi di vita impossibili.
Sindrome della capanna, come venirne fuori?
La soluzione migliore per venirne fuori è muoversi a piccoli passi in modo da riacquistare fiducia per il mondo esterno. Anche chi non aveva mai sofferto prima di insicurezza e ansia, potrebbe avere bisogno di una ripresa graduale.
Comportamenti utili a fronteggiare questo stato emotivo potrebbero essere l’introduzione graduale di uscite giornaliere e l’adozione di un pensiero positivo e di fiducia verso il prossimo.
Meglio stabilire una routine, dividendo la giornata in più momenti: ore da dedicare al lavoro fuori casa (meglio iniziare con un part time piuttosto che con un full time) e momenti benessere da dedicare alla cura di se stessi, dei propri cari e ai propri hobby.