Addio Mondiali. La catastrofe, o l’ “Apocalisse” (così definita da Tavecchio) si è materializzata al termine di uno spareggio in cui l’Italia, in 180 minuti, non è riuscita a segnare un gol alla Svezia forse più scarsa di sempre e per di più anche priva di Ibrahimovic; una squadra che, se fosse un club, potrebbe forse militare nella nostra serie C o, a voler essere ottimisti, faticherebbe nella nostra serie B.
La discesa agli inferi
Ma la discesa agli inferi nasce da lontano: dopo il trionfo del 2006, infatti l’Italia è uscita nella fase a gironi nel Mondiale sudafricano del 2010 e in quello brasiliano del 2014; è vero che gli azzurri hanno raggiunto la finale dell’Europeo 2012 (ma stremati e pertanto facilmente battuti dalla Spagna) e sono usciti solo ai rigori con la Germania dalla rassegna continentale dello scorso anno, ma queste ultime sembrano più imprese estemporanee che risultati raggiunti grazie alla salute di un intero movimento.
Un calcio malato
Che infatti in salute non è: scandali, fallimenti, commissariamento delle Leghe, eccessiva presenza di stranieri, poca cura dei vivai, stadi vuoti.
Problemi di cui in Italia ci si dimentica finché c’è il divertimento settimanale, e con esso il tifo per la propria squadra, ma che tornano prepotentemente in primo piano per i tifosi dopo disastri come questo.
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La necessità di una riforma epocale
Il fatto è che stavolta si è proprio toccato il fondo, si può parlare davvero di umiliazione storica; e pertanto chiedere che vadano tutti a casa, che si faccia tabula rasa, è più che legittimo, perché solo una riforma epocale potrà consentire al calcio italiano di rinascere. Riforma che, a rigor di logica, non potranno realizzare coloro che il disastro lo hanno provocato.
Il commissariamento delle leghe
Come potrebbero, ad esempio, le leghe di A e B, che non riescono ad eleggere un presidente a causa dei veti incrociati che le paralizzano e fanno il gioco di un personaggio ambiguo come Lotito, vero deus ex machina della Federazione, affrontare e risolvere gli enormi problemi di cui sopra visto che li hanno creati?
Il calcio sia gestito da chi lo ha giocato e lo ama
Ma siamo sicuri che gente come Maldini, Del Piero o Baggio, tanto per fare dei nomi, non possa più dare nulla al calcio italiano come dirigente? O non sarà invece che in Italia, nel calcio come in tutti i settori, deve sempre essere la politica a farla da padrona?
L’esempio del calcio tedesco
Eppure il calcio tedesco, preso sempre come esempio, è stato riformato grazie anche all’opera di Bierhoff e Sammer che, tra l’altro, hanno giocato anche nel nostro campionato. E’ mai possibile che da noi tutto debba essere sempre in mano a gente senza scrupoli che pensa solo a tutelare interessi più o meno reconditi?
Ora bisogna risalire
Una volta toccato il fondo, nel calcio come nella vita, si può solo risalire. Ma occorre la volontà politica di farlo: quella di tutelare un patrimonio di tutti, addetti ai lavori e appassionati.