Calcio Europa League – Napoli – Porto, tra scaramanzia, errori e prospettive


Napoli – Porto 2 a 2. Mettiamola così, se il Napoli avesse giocato la partita di ieri sera al San Paolo per altre due ore, sarebbe terminata col punteggio di 6 a 6 con 42 palle gol del Napoli e 9 per il Porto.

Si, perché a conti fatti i partenopei hanno creato 14 nitide palle gol realizzandone due, il Porto 3 realizzandone due. E’ fantacalcio, ma non si discosta dalla realtà perché quando la “mala ciorta” si abbatte sul San Paolo c’è poco da fare.

Al di la degli aspetti scaramantici, il San Paolo visto ieri sera era un palcoscenico degno dello spettacolo messo in campo dagli uomini di Benitez che approcciano la partita in modo esemplare; dopo un primo tempo da manuale del calcio, averne buttata dentro solo una sembra un bottino veramente magro, dopo le occasioni di Mertens, Higuain, Insigne ed Henrique.

Una menzione particolare merita il neo acquisto brasiliano, non tanto per la sua prestazione al di sopra di ogni più rosea aspettativa, ma quanto al fatto che  va quasi ad annullare le aspri critiche piovute su Benitez per l’esclusione di Jorginho. In un Napoli rammendato in difesa senza Mesto, Zuniga, Maggio ed un Reveiller non in forma, adattare Henrique come terzino destro gli ha dato ragione, mettendo a tacere la questione liste UEFA una volta per tutte.

Un potenziale d’attacco enorme al cospetto di un San Paolo in stile Bombonera pieno di speranze “Torinesi”, vanificato però dalle solite e quasi immancabili lacune difensive.

Il gol del Napoli è una magnificenza servita su un piatto d’argento dal Pipita (11° assist stagionale) a Pandev che insacca con uno scavino d’alta classe. Il rovescio della medaglia sono le reti del Porto che mettono in imbarazzo un’intera retroguardia. Sul primo goal, la palla persa da Behrami diventa un mina vagante, sulla quale non può e non deve accorciare Albiol perdendo di conseguenza le distanze dal suo reparto, sbilanciando Ghoulam che perde la diagonale; mentre sul secondo goal, un Napoli ormai mentalmente a pezzi, il che non è sinonimo di mentalità europea, non ha neanche la forza di accorciare sul modesto Quaresma, Inler sembra quasi scansarsi come ad essersi già arreso.

Se Henrique merita un encomio, Insigne merita dure critiche. Un figlio di Napoli che forse sente il peso di quella casacca più di chiunque altro, un peso che gli impedisce di giocare come sa e come dovrebbe fare. Tenta sempre la conclusione che non è altro che un passaggio al portiere, quando c’è da verticalizzare non lo fa, ed anche se in attacco era l’unico a correre insieme a Mertens risulta poco incisivo nel computo generale, ma il vero dilemma del Napoli di oggi è rappresentato da Marek Hamsik.

Togliere Pandev non è stata una genialata di Benitez, sarebbe stato meglio sostituire il macedone inserendo Callejon e mettere Mertens centrale, perché quando è entrato lo slovacco il Napoli si è impietosamente abbassato visto che a differenza di Pandev, Hamsik non riusciva a mantenere bassa la difesa lusitana. Inutile, poi, il goal di Duvan Zapata che sostituisce Higuain dopo l’1-2, risparmiando sia il Pipita che Mertens in vista dell’impegno contro la Fiorentina domenica al San Paolo.

La sconfitta è stata evitata, ma la qualificazione era già compromessa contro un Porto che non era certo quello di “Mourinhana” memoria. I quasi 2000 tifosi dei Dragoes escono festanti da un San Paolo rispettoso delle tifoserie, dove non si è registrato alcun disordine ma puro spettacolo anche da parte loro.

Dire se è la fine di tutto è prematuro, ora la rincorsa alla Roma diventa un dovere, consci del fatto che non si gioca più ogni tre giorni. Domenica la Viola al San Paolo, poi turno infrasettimanale al Massimino e la Juventus in casa domenica 30/03. Un tour de force che sembra studiato a tavolino per tagliare le gambe alla compagine azzurra, forse l’ultimo di una stagione che a breve darà i suoi verdetti. Aspettando il rientro dei lungodegenti, per un finale di stagione che sia di conti e bilanci, ma soprattutto di programmazione per il Napoli 2.0 targato Benitez.
Non è la fine di tutto, sarà solo una trasformazione.

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