Il Triathlon è uno sport di per sé difficile. Una successione di nuoto-bici-corsa in cui gli atleti aspirano ad essere completi e portare allo stesso livello di competitività le tre discipline. Anche il Duathlon con corsa-bici-corsa mette a dura prova cuore e gambe.
Il Paratriathlon presenta però un livello di difficoltà incomparabile. Immaginate di fare altrettanto, ma convivendo con degli handicap. Fare nuoto-bici-corsa senza un braccio, o senza una gamba, da ciechi e sordi, o con delle difficoltà psico-motorie.
Ciò che ai miei occhi è apparso come coraggio, forza di volontà eroica, per la comunità Paratriathlon è semplicemente normale.
L’importanza di vederli in gara, sfidandosi sui dettagli più piccoli, come fare un’inversione di marcia, a tutta velocità, in carrozzina olimpica o in equilibrio su una bici con una sola gamba, sul bagnato, sta nel messaggio e nell’esempio.
Un messaggio di integrazione che dimostra che è possibile fare tutto, la magia di sogni che con la voglia del fare si trasformano semplicemente in realtà.
Il mare di Capitello sabato 20 giugno, era mosso e non ha permesso di disputare il Triathlon (le condizioni sono peggiorate in giornata) ma il Duathlon. A seconda della disciplina preferita (c’è chi preferisce il nuoto e chi magari la bici o la Handbike) qualcuno si sarà sentito favorito oppure no.
La concentrazione e competitività agonistica sono state uguali per tutti. Più grandi le difficoltà, tanto maggiori le soddisfazioni nel superarle.
E dopo il traguardo ho visto atleti che hanno dato il massimo, ritrovarsi ed abbracciarsi come fossero ragazzi in gita.
A nutrire questo senso di appartenenza e comunità c’è Gianluca Cacciamano, più che un dirigente sportivo o coordinatore, un mentore che li conosce e ha la sensibilità per sostenerli come nessun altro.
Il video racconta quest’esperienza con lo spettacolo della gara e con le voci degli atleti stessi.