Come sapete, Napoli è piena di cripte, come la
Chiesa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco dove sono conservati i teschi e le ossa di coloro che morirono nel 1600, tra eruzione del Vesuvio e peste nera e che quindi non avevano ricevuto una degna sepoltura, le cosiddette
“anime pezzentelle“.
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Dante, nella Divina Commedia, scrisse che queste anime erano condannate ad un eterno purgatorio, a meno che non ci fosse stato qualcuno a pregare per loro.Così i napoletani pensarono giusto rigirare ad usum delphini, a proprio vantaggio il rilievo dantesco.
Sceglievano un teschio, lo pulivano, lo inondavano di preghiere, ma esigendo qualcosa di più terreno in cambio, una grazia.Un do ut des in piena regola.
Altrimenti, no problem!Si sostituiva il teschio con un altro e si ricominciava il ciclo della preghiera
In fondo, perché perdere tempo con qualcuno che non ti ricambia?
Lezione di vita ultramoderna.
(testo e foto di Enzo Longobardi, In bici nel tempo)