La teoria gender a scuola? Punti di vista!

Sempre più discussa è la questione legata all’introduzione o meno della cosiddetta teoria gender nelle scuole di ogni ordine e grado e che vede divise le opinioni di molti studiosi, politici, associazioni e gente comune.

Il DDL 1680 presentato dalla senatrice Valeria Fedeli

Si tratta di una questione di fortissimo interesse, sollevata in seguito al DDL n. 1680 presentato dalla senatrice Valeria Fedeli su “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università”.

Per la realizzazione delle finalità del suddetto disegno di legge la scuola dovrebbe fare riferimento alle linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sull’educazione sessuale a scuola documento anch’esso fortemente discusso.

Ma cosa è la teoria gender?

La parola “gender” tradotto dall’inglese significa genere, ma la teoria non sembrerebbe univoca, né descritta sempre negli stessi termini anche da coloro che la criticano.

Per comprendere la teoria è necessario fare una distinzione tra sesso biologico, genere ed identità di genere, termini spesso confusi o usati impropriamente.

Ecco le definizioni:
Sesso biologico: riferito alle caratteristiche biologiche, in questo senso gli umani hanno solo due sessi, maschio o femmina, ad eccezione di anomalie genetiche o ormonali.
Genere: complesso di norme basate culturalmente, cioè valori, comportamenti, attività che una cultura particolare assegna all’uno o all’altro dei sessi biologici.
Identità di genere: percezione profonda che un soggetto ha di appartenere ad un genere piuttosto che ad un altro (uomo, donna o anche altri) indipendentemente dal proprio sesso biologico. A questa identità di genere (anche questo è un punto essenziale della teoria) si attribuisce una certa prevalenza sul sesso biologico.

Nelle sue forme più pure, la teoria “gender”considera che sebbene il corpo sia importantissimo (e nessuno può negarlo) nessun ruolo, comportamento o aspetto psicologico, considerato tipico degli uomini o delle donne, trovi una base reale nella natura sessuata dell’essere umano.

Questa teoria viene denominata “di genere” perché si basa sulle nozioni di “genere”, distinto dal sesso biologico e quindi dire che “la teoria gender elimini ogni differenza tra maschio e femmina” oppure che per essa “non esista il sesso ma il genere”, sarebbe semplicistico ed impreciso. Secondo molti, a tale teoria si ispirerebbe anche il DDL Fedeli, motivo per cui l’opinione pubblica risulterebbe divisa  in diversi punti di vista.

I punti di vista degli esperti del “gender”

Troviamo esperti in materia che negano l’esistenza di tale teoria, considerando il DDL Fedeli un ottimo strumento per la realizzazione dei princìpi di eguaglianza, pari opportunità e piena cittadinanza nella realtà sociale contemporanea, attraverso la promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza.

I negazionisti del gender sostengono che la famosa teoria sia in realtà un’invenzione di coloro che pretendono di combatterla. Forse perché questi ultimi interpreterebbero male i cosiddetti “studi di genere”.

Altri esperti, invece, considerano la teoria gender esistente e dilagante a tal punto da costituire un problema in termini di “minaccia” per l’ambito familiare considerato, ancora per molti, contesto sociale in cui il sesso biologico ha maggiore rilevanza. Secondo tale prospettiva sarebbe quindi differente se la famiglia sarebbe composta da un uomo e da una donna, oppure da due uomini o da due donne e che la teoria gender volendo (o pretendendo) di combattere i cattivi stereotipi, finisce per cadere nell’estremo opposto: tutti i ruoli e comportamenti “maschili” e “femminili” sarebbero stereotipi culturali, imposti dalla società o dalla famiglia, da de-costruire. Anche pensare che mamma e papà abbiano ruoli specificamente differenti, e quindi insostituibili, sarebbe uno stereotipo di genere.

L’importanza dell’informazione sul per non forviare

Infine, gender o no gender, a me preme puntare l’attenzione sull’importanza dell’informazione. Se molte direttive, iniziative e progetti rivolti alle scuole hanno per oggetto l’educazione alla parità di genere, la lotta al bullismo, il contrasto alle discriminazioni, l’educazione al rispetto delle diversità, allora il tutto appare condivisibile. Se, invece, i mezzi indicati per raggiungere finalità come la lotta al bullismo e il rispetto delle diversità si ispirino alla teoria gender, allora apparirebbero, almeno parzialmente, viziate da un riferimento di natura ideologica. Il fatto che l’educazione affettivo-sessuale serva nelle scuole fin da subito non significa indurre o direzionare in qualche modo la sessualità nei bambini. È necessario, anzi, sostenere interventi e sollecitazioni affinché i bambini possano entrare nella loro identità di genere liberi da stereotipi ancora molto presenti nella quotidianità.

La lettura di libri, appositamente per bambini come ad esempio Esplorando il Corpo Umano con fascicoli illustrati, Dvd e modelli da costruire, ma anche tanti altri che spieghino in maniera chiara e scientificamente corretta, che chiamano le cose con il loro nome, sarà sicuramente un’esperienza formativa per i bambini. È scorretto decidere di non parlare a priori di qualcosa: ai bambini passa il messaggio che l’argomento è tabù e difficilmente si confideranno con gli adulti di riferimento, i genitori e le mastre, come è invece auspicabile.

Infine, tengo a ripetere e sottolineare che di fondamentale importanza è l’informazione, suscitare domande e curiosità, spingere le persone, in particolare genitori, educatori ed insegnanti a prendere parte attiva a questi dibattiti, nel rispetto di tutti e nella fermezza di intenti che la difesa dei diritti dei bambini viene prima di tutto il resto.

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