Una giornata a San Siro


Alzarsi alle 5 di mattina, mettersi in macchina in fretta e furia, per presentarsi, all’orario di pranzo, dinanzi al maestoso e suggestivo Stadio ‘Giuseppe Meazza’. Una follia diventata realtà. Milano, quartiere San Siro: è molta la stanchezza, infinita l’emozione. Non avevo mai visto questo stadio, neanche dall’esterno. E la mia fede nerazzurra mi ha imposto questa “visita”, alquanto curiosa, all’impianto della città meneghina.

Tra un casello autostradale e l’altro, le code chilometriche e la vista dri paesaggi abbandonati del Belpaese, sono arrivato al luogo tanto atteso verso le 13. La sera prima mi ero completamente svuotato la memoria del telefono: avanti con le fotografie, con gli scatti che resteranno a lungo nel cellulare e indelebili nel mio cuore. Il tempo di parcheggiare la macchina, ed eccolo lì: l’ingresso del ‘Meazza’. Approfitto di uno dei tour organizzati per entrare nell’impianto. La prima cosa che visito è il museo: c’è un reparto interamente dedicato al Milan, un altro all’Inter, tra storici scarpini, maglie e trofei. In mezzo a qualche vecchio reparto della Nazionale (il pallone che Fabio Grosso spedì in rete a Berlino e quello che prese in mano l’arbitro s per decretare la vittoria azzurra nel Mundial ’82).

E poi, c’è lo spazio interamente dedicato all’Inter. Alla mia Inter. Mi focalizzo sulle maglie (originali, ovviamente): c’è esposta la casacca che Milito ha indossato al Bernabeu, quella con cui Jair regalò ad Herrera il trionfo europeo. E poi, la sfilata di quelle indossate dalle leggende: da Meazza fino a Zanetti, da Ronaldo a Icardi, passando per tutti gli eroi del Triplete, lo storico capitano Benito Lorenzi e tantissimi altri. C’è la Coppa Uefa vinta nel ’98, poi scorgo una Champions a tinte nerazzurre che, pur non capendo se originale o meno, comincio a fotografare come se fossi davanti all’evento del secolo. Perché per me lo è.

Poi, i reperti quasi archeologici dei campioni del passato: ci sono le maglie del Milan, gli scarpini di Maradona, il pallone con cui Cristiano Ronaldo ha regalato al Real Madrid il titolo di Campione d’Europa. Ma sopratutto, c’è il campo: entro nello spogliatoio della mia Inter. E non mi sembra vero. Mi siedo nella postazione di Icardi, Perisic, Handanovic… mi sembra tutto un sogno. E dopo scendo sul terreno di gioco. Con lo stesso e identico percorso che compiono i giocatori: sottopassaggio, tunnel pieno di cartelloni pubblicitari, e gli scalini. Entro. San Siro è vuoto, ed è forse questo l’aspetto che più di tutti ha reso unica la mia giornata. Mi siedo sulle panchine, in tribuna, nei box riservati alle emittenti televisive. Calco il manto erboso, lancio uno sguardo alla Curva Nord. E mi ricordo, guardando entrambe le porte, delle reti che hanno finora condizionato la mia vita. Dalla notte contro il Barcellona al derby vinto 4-0, fino alla recente vittoria con la Juve.

Tutto molto bello. Mi godo il ‘Meazza’ per due ore. Poi, si torna in macchina: mi attende il Mapei Stadium, dove la sera giocherà la Nazionale. Quando esco dallo stadio me lo guardo, per un’ultima volta, con aria soddisfatta. Perché io, questa giornata, non la dimenticherò mai.

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