Othman avrebbe potuto provocare una strage il 28 marzo scorso
<strong>Jridi Othman, 22enne algerino, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e psicotrope, a marzo scorso, aveva rubato un’auto e si era scagliato a folle velocità in Piazza Bartolo Longo, sul sagrato della Basilica di Pompei.
Dopo una rocambolesca fuga, le autorità erano riuscite ad arrestarlo.
Durante il processo, in aula, l’algerino non aveva fatto altro che ripetere una litania in arabo e aveva accennato ad Allah.
Accusato di furto d’auto e falsa testimonianza a pubblico ufficiale (aveva mentito sulle proprie generalità), Othman era stato condannato a due anni e sei mesi di galera.
Ma alcuni giorni fa, si è tolto la vita in cella, impiccandosi.
Il caso Othman al vaglio dell’Antiterrorismo
Nel gesto compiuto dall’algerino, il giudice monocratico Ferdinanda Iannone, ravvisò elementi che evocavano “episodi di attentati terroristici”
Il caso perciò finì sotto la lente d’ingrandimento dell’Antiterrorismo.
Il giovane era piombato a folle velocità in una zona pedonale, simbolo della cristianità, frequentata in quell’occasione da migliaia di turisti e pellegrini che avevano preso parte alla Via Crucis.
Non solo, l’algerino aveva compiuto il folle gesto imbottito di sostanze stupefacenti.
Durante il processo aveva dichiarato di “sentirsi così più vicino ad Allah”, aveva recitato una preghiera nota alla divisione Antiterrorismo e aveva mentito sulle proprie generalità.
Tutti elementi che suffragavano l’ipotesi di un attentato terroristico.
Restano tanti punti da chiarire sul presunto terrorista Jridi Othman
Dopo il suicidio del giovane algerino, restano tanti interrogativi.
Cosa si nasconde dietro il gesto estremo compiuto da Othman?
Si trattava di un militante dell’Isis o solo di un fanatico?
E soprattutto, con chi il giovane aveva stretto legami?
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Pompei voleva sentirsi più vicina ad Allah
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