LE SPOSE al Nuovo Teatro Sanità Venerdì 10 maggio ore 21.00.
10, 11 e 12 MAGGIO
Comunicato stampa
“LE SPOSE un progetto di Mario Gelardi scritto da Elvira Buonocore, Mario Gelardi, Margherita Ortolani, Marta Polidoro con Arianna Cozzi, Sara Esposito, Alessandra Masi, Enrico Pacini, Beatrice Vento scenografia di Enzo Aquilone, assistente scenografo Mariateresa D’Alessio luci di Alessandro Messina costumi a cura delle allieve del progetto Professione Teatro Angela Bove, Rachele Nuzzo, Sara Oropallo, Viviana Petillo,coordinate da Alessandra Gaudioso, regia di Riccardo Ciccarelli e Gennaro Maresca, aiuto regia Davide Meraviglia.
Una produzione Nuovo teatro Sanità con il sostegno del Fondo di Beneficenza ed opere di carattere sociale e culturale Intesa San Paolo.
Venerdì 10 maggio ore 21.00 al Nuovo Teatro Sanità va in scena “Le spose”, un lavoro collettivo degli allievi di Professione Teatro, progetto di formazione artistica del Nuovo Teatro Sanità. Tre autrici under 40, insieme a Mario Gelardi, hanno scritto quattro testi con protagoniste altrettante spose di Shakespeare. La messinscena, che si avvale della regia di Riccardo Ciccarelli e Gennaro Maresca, replica sabato 11 maggio ore 21.00 e domenica 12 maggio ore 18.00. Info e prenotazioni al 3396666426 oppure all’indirizzo e-mail info@nuovoteatrosanita.it. Costo del biglietto intero 12 euro, 10 euro il ridotto (under 25 e over 65).
L’idea del progetto di Mario Gelardi nasce da quattro abiti da sposa destinati ad altrettante donne del Rione Sanità. Quattro abiti rifiutati perché la mentalità vuole che “anche se la famiglia resta senza i soldi per mangiare, l’abito da sposa deve essere nuovo”. È così che questi abiti, all’apparenza mai usati, formano un cumulo bianco di raso, tulle e perline, e restano come addormentati, nella costumeria del Nuovo Teatro Sanità. Ma questi vestiti avranno altra sorte, ripensati da giovani costumiste, in modo che ognuno di loro possa fare il suo ingresso trionfale.
«Tre giovani autrici — racconta Mario Gelardi — e un intruso hanno deciso di far vivere quegli abiti, di farli indossare a quattro personaggi di Shakespeare: Lady Macbeth, Ofelia, Desdemona, Lavinia. Quattro donne di un tempo passato, ma anche quattro donne dei giorni nostri, che parlano la nostra lingua, magari il nostro dialetto e che raccontano la propria storia: il proprio matrimonio. Ma le nozze non posso celebrarsi se, prima o poi, non arriva uno sposo, un giovane uomo che incarna tanti protagonisti di Shakespeare e che gioca con le donne così come solo Falstaff sapeva fare».
«In scena le donne di Shakespeare si appropriano di uno spazio, quello del racconto, in cui hanno la possibilità di rivendicare la propria identità – spiegano i due registi -. I segni sono tre: le spose Ofelia, Lady Macbeth, Desdemona, Lavinia, madri, amanti, sorelle, regine, fate, streghe, rivendicano un ultimo alito di parola, rivendicano una vita che non sia in funzione del loro uomo; lo sposo: Shakespeare, Amleto, Macbeth, Otello, Tito, l’uomo in cerca e in attesa dell’amore come uno sposo sull’altare; la morte: resurrezione e rivalsa di questi corpi rigorosamente in abito nuziale, in bilico tra un gioco in uno spazio elisabettiano e il silenzio di una navata che punta all’altare. Un’arena in cui è rappresentata l’esaltazione del sì, lo voglio, ti voglio». “