Dopo le proteste di ieri il Parlamento di Hong Kong resterà chiuso per due settimane


Il parlamento di Hong Kong resterà chiuso due settimane a causa delle devastazioni causate ieri dai manifestanti che hanno fatto irruzione, spranghe e bombolette spray alla mano, distruggendo quadri ed arredi e imbrattando di nero l’emblema di Hong Kong (il fiore Bauhinia blakeanea stilizzato bianco su fondo rosso). Nel giorno del ventiduesimo anniversario del ritorno della ex colonia britannica alla Cina hanno poi issato una bandiera dell’era coloniale sul podio dell’assemblea legislativa come a rimarcare un’età dell’oro ormai scomparsa.

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La causa delle proteste

Le proteste ad Hong Kong sono cominciate all’inizio di giugno in opposizione ad una legge proposta ed appoggiata dalla governatrice Carrie Lamche consentirebbe l’estradizione degli abitanti dell’isola in Cina per alcune tipologie di reati. Nell’opinione degli oppositori questo avrebbe rappresentato un potente mezzo nelle mani del governo centrale cinese per reprimere il libero pensiero e il dissenso e introdurre il rigido sistema giuridico della Cina comunista. Hong Kong da quando è stata restituita alla Cina, nel 1997, ha sempre goduto del sistema giuridico di quando era colonia britannica. In base al cosiddetto sistema “una Cina, due sistemi”, Hong Kong possiede un sistema politico differente dalla Cina continentale. Il funzionamento della magistratura del paese funziona secondo il modello dell’ordinamento giuridico del Common law. Il documento costitutivo, la Hong Kong basic law, stabilisce che la regione debba godere di un alto grado di autonomia in tutti gli aspetti, eccetto che nelle relazioni estere e nella difesa militare.

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L’anniversario della restituzione e le proteste

Ogni anno l’anniversario della restituzione vede molti attivisti organizzare grandi manifestazioni per la rivendicazione di aperture democratiche verso Pechino. In alcuni casi famosi, come nel 2004, riuscirono a mobilitare grandi folle senza tuttavia raggiungere gli obiettivi sperati. Ma le proteste di quest’anno si sono svolte dopo tre settimane ininterrotte di manifestazioni. Le proteste passate erano sempre state pacifiche, mentre nelle ultime tre settimane si sono avuti scontri con i poliziotti che hanno impiegato spray urticanti e sfollagente sui manifestanti.

Nonostante il ritiro del contestato provvedimento, sebbene momentaneo, e le scuse pubbliche della governatrice  per l’eccessiva repressione, nella giornata di ieri si è avuta un’improvvisa escalation che ha portato i manifestanti a forzare la porta d’ingresso e a irrompere nel parlamento, successivamente vandalizzato.

 

Lo sguardo della comunità internazionale e il futuro delle proteste

In questo contesto incerto la comunità internazionale è in allerta. Il ministro degli esteri inglese Jeremy Hunt in un tweet ha sottolineato il sostegno del Regno unito a Hong Kong e alle sue libertà. Mentre l’Ue ha auspicato il dialogo e di evitare una escalation della tensione. Inoltre l’episodio ha fatto emergere uno dei grossi problemi delle proteste: la mancanza di coordinamento e di un leader. Tra i manifestanti stanno inoltre crescendo le divisioni e mai come ora la massima di Mao Zedong “grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente” sembra appropriata. Pechino, che finora è rimasta a guardare, non esiterà a intervenire nel momento opportuno e avrebbe dalla sua parte tutte le ragioni per essere intransigente.


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