Un libro per l’estate: “Perduti nei quartieri spagnoli” di Heddi Goodrich

Un libro per l’estate: “Mi consigli un libro?”

Prima di preparare la valigia per il mare, la montagna o la città, molti di voi faranno tappa in libreria per acquistare gli indispensabili “compagni di viaggio”.

Probabilmente lo faranno anche coloro che durante il resto dell’anno leggono poco e/o niente. Proprio questi ultimi, meno attenti alle novità editoriali, saranno maggiormente indecisi sugli acquisti da fare in libreria.

Per non arrivare troppo impreparati in libreria, vi offriamo una rubrica che vi accompagnerà per tutta l’estate.

Ogni giorno vi proporremo un libro. Seguendo la nostra rubrica potrete scegliere più facilmente quali libri “profumeranno” le vostre vacanze.

Buona estate, buone vacanze e buona lettura!

 

Perduti nei quartieri spagnoli
Il primo libro che vi proponiamo è ambientato a Napoli, nei Quartieri Spagnoli

Perduti nei quartieri spagnoli di Heddi Goodrich (Giunti Editore)

Una doppia storia d’amore, quello per una città (Napoli) e quello per un giovane uomo (Pietro).

Heddi è una ragazza americana, studentessa di glottologia presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, Heddi non è venuta per un rapido giro nel folclore, ma per un’immersione che la porta ad avere della città, della lingua, del dialetto una conoscenza profonda, che nasce dall’empatia, da un bisogno di radicamento e dall’entusiasmo della giovinezza.
Con una colorata tribù di studenti fuorisede e fuoricorso Heddi vive ai Quartieri Spagnoli, dove la vita nelle case antiche costa poco, si abita su piani pericolanti che sembrano calpestarsi l’un l’altro, su balconi e terrazzi dove è bello affacciarsi a rabbrividire, fumare e discutere.
Pietro è studente di geologia, figlio di una famiglia contadina della provincia di Avellino, gente avvinta alla terra da un legame ostinato, arcaico. A Napoli, benché il suo paese sia distante solo cento chilometri, Pietro è straniero tanto quanto Heddi.
Sognatore e velleitario, diviso tra l’emancipazione rappresentata dall’amore per una ragazza così lontana dal suo mondo ed il richiamo agli obblighi ancestrali della terra.

 

Mi arrivò un venticello gelido, saturo di pesce e sale e nafta. Era il profumo del golfo. Sotto di me la città sfavillava fin giù al mare, le catenine gialle dei lampioni interrotte qua e là da perle di luce, cucine non ancora spente. Napoli non dormiva mai, non veramente. Anche nel cuore della notte lampadine al neon illuminavano, con una luce economica e antiestetica, famigliari svegli a schiaffeggiare il tavolo di cucina in chissà quale lite, battuta o confessione. E come una falena ero attratta da quelle luci bianche. Se solo potessi, pensai, svolazzerei fin da loro per infilarmi attraverso la finestra. Resterei lì senza far alcun rumore, mimetizzata con la carta da parati, cercando di ricucire le loro frasi spezzettate in una narrativa che abbia un senso.

   Ci fu un fischio di sirena. Chissà da quale nave proveniva: nel nero pece del golfo le navi container erano invisibili se non per le luci unisci-i-puntini. Era una di quelle rare notti limpide, e senza la luna non si vedeva nemmeno il vulcano. L’unico indizio della sua presenza erano le case illuminate che ne sbozzavano la sagoma fin dove osavano. Era mezzo secolo che il Vesuvio non diceva una parola, ma lo fissavo attraverso la tenda scura della notte cercando di immaginarlo vivo, nella sua versione sputafuoco, come in tanti quadri a olio dell’Ottocento. Lo fissavo così intensamente che quasi quasi credevo di poterlo riportare in vita con la sola volontà dello sguardo.

   Avevo le mani di marmo ormai, eppure non avevo finito di bere gli odori di Napoli, di mangiarla con gli occhi. Tutto invano. La città era acqua che mi colava dalle mani, e il solo amarla mi intristiva, soprattutto di notte. Era una malinconia che non riuscivo né a scacciare né a capire. Mi ero data a lei tutta quanta, forse anche a tradimento di me stessa, eppure dopo tutti questi anni Napoli mi teneva sempre a distanza.

   Vir’ Napule e po’ muor’, si dice. Frase abusata che non avrei mai inserito in una conversazione ma che quella sera bisbigliai alla notte in quanto verità. Poi raccolsi la legna e mi girai verso le scale.

Heddi Goodrich

 

Heddi Goodrich è nata a Washington nel 1971. Arriva per la prima volta a Napoli nel 1987 per uno scambio culturale e, tranne brevi periodi di ritorno negli Stati Uniti, vi soggiorna fino al 1998. Si laurea in Lingue e Letterature Straniere all’Istituto Universitario Orientale. Insegnante, tiene un blog bilingue su traduzioni, letteratura e curiosità dell’italiano e dell’inglese (Il buono, il brutto e l’ulivo). Vive a Auckland, Nuova Zelanda, con il marito e due figli. Ha scritto in italiano il romanzo Perduti nei quartieri spagnoli (Giunti) ispirato alla sua esperienza di studentessa all’Orientale di Napoli e alle persone conosciute durante quel periodo.

 

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