Psicofarmaci: dati allarmanti per gli italiani

Allarme : abuso di psicofarmaci nel nostro paese

In Italia cresce il consumo di antidepressivi, ansiolitici, oppiacei , secondo il Rapporto Osmed dell’Aifa. Vari sono i farmaci in commercio per il trattamento delle patologie per il sistema nervoso centrale, come l’ Alprrazolam  ( nome commerciale dello xanax), che  è un tranquillante, e la fluoxetina, che è un antidepressivo, usato nel trattamento della depressione maggiore, del disturbo ossessivo-compulsivo e della bulimia nervosa.   Il farmaco andrebbe usato per brevi periodi; ancora più grave l’assunzione di più ansiolitici contemporaneamente. Molti di questi farmaci non fanno altro che arricchire le multinazionali infondendo nel consumatore una speranza di guarigione miracolosa. Eclatante caso nel 1987, quando fu messo in commercio il Prozac che fu reclamizzato come il farmaco miracoloso e “la pillola della felicità”; studi successivi hanno dimostrato non pochi effetti collaterali.

Negli ultimi 50 anni c’è stata una produzione di farmaci sempre più mirati per ogni sintomo (depressione, ansia, disturbi dell’umore, ecc), ma, come si evince dai dati, questi disagi continuano a diffondersi, questo perché -a detta di molti scienziati- gli psicofarmaci curano solo i sintomi e non il disturbo in sé, la causa scatenante. Ogni disagio psicologico indica che qualcosa nella propria vita non è allineato con il proprio sentire, con il proprio essere e quindi facendo un uso-abuso di psicofarmaci si impedisce a chi soffre di iniziare un percorso di autoconsapevolezza .

Oggi vi è come un risveglio anche da parte della medicina allopatica, e si nota un cambiamento dal punto di vista dell’uso di questi farmaci che, nella maggioranza dei casi, sono utili per un tempo specifico , iniziale  per permettere poi un’ inquadratura del programma riabilitativo da seguire.  Possono essere di aiuto ma un uso prolungato  è come mettere in stand-by una persona, che vive  un disagio a volte patologico, ma ha anche emozioni, cuore, cervello , anima. L’assunzione di psicofarmaci può portare al rischio di passare da una dipendenza ad un’altra, annientando la capacità di reazione e di problem- solving del soggetto sofferente. In ogni essere umano, è scientificamente provato che ci sono le risorse necessarie sia a livello psichico che fisiologico, in quanto l’uomo produce vari tipi di ormoni chiamati del benessere che opportunamente stimolati aiutano nel raggiungimento della guarigione e del benessere a tutti i livelli.

Soprattutto nei disagi psicologi la collaborazione del paziente è fondamentale, come dice il Dott. Claudio Pagliara, Oncologo e Presidente dell’ Associazione assistenza e ricerca sul cancro,  in una intervista su Rai Uno

“ il nostro cervello è capace dei potenti veleni e dei potenti farmaci, per cui l’uomo spesso si auto inquina o crea delle condizioni per un percorso di guarigione molto più semplice”.

Ci sono vari approcci anche con medicine naturali , ma è  il modo di approcciarsi alla patologia che ti permette di usarli o meno.

La “disintossicazione” deve avvenire in maniera graduale seguito da uno specialista, in base anche allo stato della patologia che uno vive. Zittire i sintomi senza andare alla causa del malessere non ti permettere di annientare il disagio, ma solamente di mettere il paziente in una posizione “dormiente”. È fondamentale un percorso di consapevolezza, e soprattutto molta informazione, in quanto nella maggioranza dei casi i disagi psicologici hanno ottimi risultati e più casi di guarigione  quando sono trattati con la psicoterapia, una sana igiene alimentare e attività fisica.

I farmaci dovrebbero essere usati in casi estremi e solo dopo una attenta e coscienziosa anamnesi accurata del paziente diventano “necessari”, e soprattutto solo per patologie gravi come stati di depressione maggiore con tendenze suicide, ma in realtà questi casi non  superano l’1% della popolazione  cosiddetta“malata”. Gli psicofarmaci sono pericolosi  e secondo una ricerca della Warwick University, pubblicata sul British Medical Journal, possono arrivare a raddoppiare il rischio di morte precoce.

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