Un amico straordinario, trama e recensione


Nelle sale italiane nel mese di marzo, “Un amico straordinario” (“A Beautiful Day in the Neighborhood”) è l’ennesima grande prova di Tom Hanks, che gli è valsa tra l’altro la nomination ai prossimi premi Oscar come migliore attore non protagonista.

Un amico straordinario

Un amico straordinario – Trama

Si tratta di una storia speciale, un biopic dedicato a Fred Rogers (Tom Hanks), pastore protestante che per oltre trent’anni ha fatto compagnia ai bambini con il programma televisivo “Mister Rogers’ Neighborhood”. Nello specifico viene raccontata l’amicizia tra Rogers e il giornalista di Esquire Lloyd Vogel (Matthew Rhys), nata grazie ad un articolo commissionato al secondo. In realtà sarà ben presto il personaggio interpretato da Tom Hanks a ricoprire davvero il ruolo di intervistatore, con Vogel turbato dalla sua estrema bontà e incapace di capire se si tratta di una finzione o meno. Rogers entrerà prepotentemente nella sua vita, lo metterà in crisi come padre distratto e figlio che non ha chiuso i conti con i torti subìti dal padre in passato.  A Fred piacciono le persone in genere, ma quelle come Lloyd un po’ di più per via di un cinismo spesso privo di umanità da ammansire, ravvisato soprattutto nei suoi articoli. Immerso completamente nel suo lavoro, Vogel lascia completamente a sua moglie Andrea (Susan Kelechi Watson) il compito di badare al loro figlio Gavin. Quando suo padre Jerry (Chris Cooper) si ammalerà gravemente si troverà finalmente di fronte al turning point della sua vita, affrontato sotto il benefico influsso di Rogers. Il suo insegnamento più importante, che permea tutto il lungometraggio, riguarda la gestione dei sentimenti e della rabbia, che può essere incanalata in tante attività. Come ad esempio suonare le note più basse di un pianoforte, come Rogers-Hanks fa sul finale nella penombra dello studio televisivo, rimasto ormai solo al termine di una registrazione.

 

Recensione

“Un amico straordinario” è un film di forte impatto emotivo, confezionato ad hoc per sortire proprio questo effetto. In un intreccio continuamente sospeso tra vita reale e televisione non mancano alcune buone trovate visive di Marielle Heller. In una scena ricca di poesia il giornalista Vogel, che poi si scoprirà collassato, diventa il suo giocattolo preferito da bambino, Old Rabbit, e finalmente riesce a dare voce ai suoi sentimenti più elementari. In questo caso (ma non solo: vediamo Tom Hanks fuori dal piccolo schermo soltanto dopo 25 minuti di film) la regista ha optato sapientemente per il formato televisivo in 4:3 anche per mostrarci le soggettive del protagonista.

Ancora una volta Tom Hanks, ospite al prossimo Festival di Sanremo, ci regala una performance memorabile, profonda e di grande intensità anche nei silenzi. Ed assolve perfettamente il compito di restituirci una figura complessa come Rogers, di un’umanità estrema e intrisa dei migliori valori. Tirando le somme, il film riesce con eleganza e grazie ad una sceneggiatura brillante, tratta dall’articolo per l’Esquire di Tom Junod “Can you say…hero?” datato 1998, a non cadere nella retorica e a non dipingere mai come banale la bontà del presentatore più amato degli Stati Uniti d’America.

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