“Sogni della memoria” di Francesco Colonnesi (Giammarino Editore) – Recensione

Dopo Armaioli NapoletaniFrancesco Colonnesi torna con Sogni delle memoria, edito da Giammarino Editore, un libro di ricordi e riflessioni che conducono il lettore tra i luoghi e le genti della città lucana di Bella e poi a Napoli.

“Sogni della memoria” di Francesco Colonnesi (Giammarino Editore) – Recensione

“Sogni della memoria” è un libro che ad alcuni riporta alla mente immagini quasi del tutto sbiadite e ad altri racconta una storia che nei libri di scuola certamente non si trova.

In racconti come quello in cui Colonnesi narra della preparazione del pane riscopriamo i sentimenti di un tempo che, forse solo nei piccoli centri rurali, si vivono ancora; sentimenti come il rispetto per il lavoro, per la Provvidenza, per il pane stesso, frutto di entrambi.

In altri racconti come quello in cui Colonnesi descrive la figura di ” ‘O Streppone” si rivivono le storie di paese che aleggiavano soprattutto tra i bambini (anche io ho avuto nella mia vita una figura simile a ” ‘O Streppone; era un’anziana donna che noi bambini temevano senza alcun motivo. L’avevamo battezzata “la signora Bastone” perchè immaginavano che ci potesse prendere a bastonate. Poverina! Magari, ne avesse avuto la forza!).

 

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Bella e Napoli

Grazie a  Colonnesi ho scoperto anche dell’esistenza di Bella e della leggenda ad essa legata. Amo le leggende, quelle tramandate di padre in figlio che miscelando realtà e mito e contaminandosi tra un salto generazionale e l’altro, raccontano le origini di un luogo.

L’autore ha trascorso la prima parte della sua vita a Bella (Potenza) e poi si è trasferito a Napoli, della quale racconta anedotti e curiosità. Carine le riflessioni sulla sfogliatella, interessante la spiegazione di alcuni modi di dire squisitamente napoletani come “Pare ‘a trummetta a Vicaria”.

“L’aggio scritto finalmente
chistu libbro ‘e fattarielle:
parlo ‘e Napule, d’a gente,
tutte storie piccerelle!
‘O ricordo e cierti viagge,
‘e battute spiritose,
‘e cchiu mmeglie persunagge,
e accussì tant’ati ccose!
Quanno è doppo ca’ o liggite,
si ‘o truvate nu papuocchio
nun appena me vedite
vuie sputateme int’a n’uocchio!”

 

 

 

 

 

 

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