Per anni le discussioni calcistiche si sono avvalse delle libere interpretazioni di tifosi, giornalisti ed opinionisti, accendendo animi ed alimentando polemiche, a volte infinite.
L’avvento della “moviola in campo”, il tanto già vituperato VAR, doveva porre fine a buona parte di queste discussioni accorate, offrendo all’arbitro la possibilità di correggere le proprie decisioni avvalendosi della tecnologia.
Cos’è e come funziona il VAR
Acronimo di Video Assistant Referee, diventa il quinto “uomo” in campo, consentendo all’arbitro di poter rivedere da diverse angolazioni le azioni oggetto di contestazione da parte delle squadre in campo o i momenti di gioco che egli intende più accuratamente valutare.
Ma l’arbitro non è l’unica figura ad avvalersi dell’utilizzo del sistema e viene coadiuvato da un AVAR, assistente che si occupa di prendere costante visione delle immagini registrate dalle varie telecamere a bordo campo per segnalare eventuali azioni o fatti degni di una maggiore attenzione dell’arbitro in campo.
L’avvento dell’utilizzo del VAR era auspicato per rendere “oggettive” le decisioni arbitrali, garantendo equità ed imparzialità, ma la tecnologia è comunque al servizio dell’uomo e rimane all’uomo l’ultima parola, cosicché le polemiche continuano ad alimentare le discussioni perché ancora si evidenziano errori e sviste arbitrali anche con l’aiuto del VAR.
Dopo le esperienze maturate oltre oceano nei campionati di football americano prima e poi in vasca di pallanuoto, ci sono stati diversi episodi e le compagnie che ne hanno valutati molti, attraverso lo stesso Presidente della FIFA, Giovanni Infantino, se ne è voluta l’applicazione, proprio per rispondere alla domanda di maggiore fiducia nelle decisioni arbitrali spesso oggetto di feroci dibattiti e liti tra allenatori, Presidenti di squadre di calcio e gli arbitri stessi.
La cabina del VAR
Il VAR si avvale di una cabina di regia che è posta a disposizione dell’AVAR, dove siedono due tecnici designati; lo stesso AVAR ha facoltà di comunicare all’arbitro in campo la necessità di provvedere alla valutazione di momenti su cui lo egli abbia preso decisione dubbie, sbagliate o addirittura nessuna decisione, ad esempio laddove non gli sia stato materialmente possibile vedere lo svolgimento dei fatti (un fallo con palla lontana che anche i guardalinee ed il terzo uomo non abbiano visto).
Materialmente, chi sta in cabina di regia VAR assiste alla partita in tempo reale su uno schermo principale ed ha facoltà di rivedere le azioni incriminate su un secondo monitor che ripropone la partita con un ritardo di 3 secondi, potendo scegliere le migliori angolazioni fornite da 4 diverse telecamere.
Il tutto può essere rivisto, anche usufruendo di altre immagini tra cui quelle delle televisioni che stanno riprendendo la partita, con un minimo di 12 diverse registrazioni.
La tecnologia applicata alle immagini consente di coadiuvare il VAR e l’AVAR nella correttezza delle posizioni in campo ad esempio per il fuorigioco o l’oltrepassare del pallone della linea di porta.
Solo se si ritiene errata la decisione dell’arbitro in relazione alle immagini visionate si comunica via radio allo stesso la richiesta di verifica.
I pilastri su cui si basa l’utilizzo del VAR sono legati a gravi ed evidenti episodi di gioco non visti o un palese errore arbitrale, collegati comunque a quattro precise tipologie: gol segnato oppure no; assegnazione o negazione di calcio di rigore; espulsione immotivata per scambio di persona o diretta (non per doppia ammonizione).
Tutto questo e le rigide norme che ne regolano l’applicazione ancora non ci hanno liberati dalle interminabili discussioni sulle scelte arbitrali, lasciando ancora spazio per le contestazioni, per i rigori negati e non e per le espulsioni contestate.
Forse il calcio non ha bisogno di “oggettività” ma solo di professionalità ai massimi livelli nella classe arbitrale e nei collaboratori in campo, lasciando ad appassionati e sportivi lo spazio per polemiche e discussioni che sono l’anima del dopopartita.