La colazione più gettonata credo a livello nazionale sia cappuccino e caffè o (per i casalinghi) latte e caffè e fette biscottate. Beh! Sono oltre 15 anni (o forse 20, ma mi sento vecchia se dico così…) che non bevo una tazza di latte. Questo è dovuto alla mia brutta e cattiva intolleranza al lattosio. Di cosa si tratta? Ormai è argomento comune e diffuso.
Lattosio e intolleranze
Brevemente vi dico che il lattosio è uno zucchero, elemento principale del latte (non solo quello vaccino) e che per essere digerito nel nostro organismo deve essere “tagliato” da particolari forbici che prendono il nome di enzimi ma che nello specifico si chiamano lattasi.
A livello mondiale, il 70% della popolazione adulta ha un’espressione limitata di lattasi che può portare a intolleranza al lattosio.
A seconda sia della quantità di lattosio ingerita che dell’attività della lattasi, le persone che soffrono di malassorbimento del lattosio potrebbero manifestare numerosi sintomi: gonfiore, mal di pancia, diarrea (o in certi casi stipsi), bruciore di stomaco, nausea, crampi, sono tra i sintomi più noti.
Ma questo tipo di intolleranza è subdola e si può mascherare anche dietro altri sintomi come il mal di testa, la stanchezza, la spossatezza.
Il consiglio è quindi di trovare una o più alternative ed è quello che faccio nel mio studio.
Capita spesso però che…
Una delle osservazioni più frequenti quando consigno un piano alimentare personalizzato è “Dottoressa ma vi siete dimenticata che sono intollerante al lattosio?”, magari dopo aver letto che a colazione è previsto il latte di avena o mandorla o riso.
Se messi in tazza in effetti il colore e spesso la consistenza (soprattutto se si paragona il latte vegetale con quello scremato senza grassi) sono simili, ma la cosa che trae maggiormente in inganno è la parola latte di...
Sarebbe più opportuno scegliere un prodotto commerciale dove ci sia scritto: ‘bevanda vegetale di…’ ma forse non venderebbe!
O anche se ci fosse scritto a caratteri cubitali ‘non animale’
Certo è facile eliminare il latte quando si è allergico alle proteine o intollerante al lattosio, ma diminuire la quantità di latte e derivati è una buona abitudine anche per chi non ha di questi problemi.
I motivi sono tanti, il principale è che assumiamo un prodotto che nel regno animale viene bandito dopo lo svezzamento, e invece noi siamo gli unici mammiferi che bevono latte, tra l’altro di un altro mammifero.
Da dove prendo il calcio?
Altra osservazione che mi viene posta è: “se non bevo latte da dove lo prendo il calcio?”
Questo ci hanno sempre detto, e sì, in parte è vero, ma è notevole la quantità di calcio disponibile in acque minerali (quindi non oligominerali) per non parlare poi di molti alimenti. Ci sono alimenti che contengono un buon quantitativo di calcio per incrementarne l’assunzione anche quando si dovesse essere in qualche modo “costretto” a ridurre o eliminare (per un periodo più o meno breve o per sempre) il latte e i suoi derivati.
Alcuni di questi alimenti sono: broccoli, verza, cavoli, cime di rapa e prodotti a base di soia fortificata. Altri alimenti con minore disponibilità di calcio sono il latte di soia fortificato (ossia latte di soia arricchito con calcio, proveniente di solito da fonti vegetali di carbonato di calcio per esempio estratto dalle alghe), i semi di sesamo, le mandorle e i fagioli rossi e bianchi.
Ma anche qui bisogna stare attenti perchè spesso il calcio vegetale viene assunto meno della quantità disponibile a causa di sostanze antinutrienti che possono trovarsi nei vegetali stessi.
Allora? Che si fa? Una dieta bilanciata, equilibrata e ben gestita aiuta un corretto equilibrio di calcio, e questo un professionista lo sa!
a cura di Claudia Cinquegrana, biologa nutrizionista dello Studio Albes