Oggi vi racconto una storia d’odio e indifferenza subita anni fa da un grande intellettuale napoletano che pochi ricordano. Qui ad Agerola, sulla facciata dell’ex municipio, oggi “Casa della corte” scorgo una lapide, dedicata a Roberto Bracco. Mi viene in mente allora che nella mia Castellammare ed anche a Napoli vi è una via dedicata a Roberto Bracco.
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Ebbene, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, Bracco, insieme a Pirandello, fu il più famoso commediografo italiano, ma anche scomodo politico. Nel 1924 fu deputato liberale e firmatario del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce.
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Fu oggetto così, di minacce, sorveglianza e pressioni su editori e teatri affinché le sue opere non fossero pubblicate o mai messe in scena. Ciò comportò anche che, quando nel 1926 fu
candidato al Premio Nobel per la letteratura, il regime fascista impose all’Accademia il veto su di lui, cosa che portò i membri a dirottare la scelta su
Grazia Deledda, poi vincitrice del Nobel.
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Anche la Mondadori non volle pubblicare la sua Opera omnia (poi edita da Carabba). Qui ad Agerola, Roberto Bracco, isolato dalla società, era di casa, quella casa che i fascisti gli avevano distrutto a Napoli. Del luogo ne amava l’aria sana, la pace e la compagnia di Salvatore Di Giacomo e Salvatore Cilea.
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