Sono a Vico Purgatorio ad Arco nel centro storico di Napoli. Qui c’è un pezzo di storia del cinema italiano, fu set ne “L’oro di Napoli” di Vittorio De Sica, dell’episodio ove Eduardo De Filippo nella parte di Don Ersilio, dispensatore di saggezza e consigli, riteneva il pernacchio la soluzione ideale per zittire finalmente lo spocchioso duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari che con la sua automobile passava nel film, nel vicolo dietro di me.
Per Don Ersilio, la pernacchia (quella che fa Sordi agli operai ne I Vitelloni, aggiungo io), era facile da imparare, ma il pernacchio, no, ci voleva una tecnica unica, per un gesto capace di esprimere tutto l’odio ed il disprezzo per la superbia, l’arroganza e la derisione di comportamenti come quello del duca nel film. Quella stessa pernacchia che Totò ne “I due marescialli” fece all’ufficiale tedesco mentre teneva, borioso, dal balcone, un comizio al popolo di Scalitto.