La morte di Alika Ogorchukwu, il nigeriano ucciso nel pieno centro di Civitanova Marche dalla furia di Filippo Ferlazzo ora rinchiuso nel carcere di Montacuto, riapre il dibattito sulla presunta apatia e/o disumanizzazione dei contesti urbani.
L’aggressione che ha causato la morte di Alika è avvenuta in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti. In tanti hanno ripreso la scena con il telefonino, in tanti hanno pensato di documentare quanto stava accadendo. Nessuno (o quasi) però è intervenuto affinchè quel delitto non fosse messo a punto. Sono rimasti tutti spettatori e qualcuno ha pensato di curare la regia di quell’evento esclusivo che stava accadendo proprio sotto i propri occhi.
Alika è morto per schiacciamento e soffocamento, Queste le risultanze dell’esame autoptico. Viene da chiedersi quante probabilità avrebbe avuto Alika di salvarsi se qualcuno dei presenti fosse intervenuto in qualche modo?
Certo, direte voi, è facile giudicare. E’ facile scrivere parole di indignazione. Ritrovarsi però spettatori di un atto così feroce, come quello compiuto da Filippo Ferlazzo nei confronti di Alika, dev’essere tutt’altra cosa. Si resta inattivi non per indifferenza nei confronti della vittima. A subentrare sono altri fattori, quelli che determinano il cosiddetto “effetto spettatore”.
L’effetto spettatore
Furono due psicologi, John Darley della New York University e Bibb Latané della Columbia University, che negli anni ’60 sulla base di alcuni studi condotti su particolari dinamiche psicosociali, definirono taluni comportamenti con il termine di “effetto spettatore” o “effetto bystander”.
Lo studio di Darley e Latanè rivelò un agghiacciante paradosso. Più persone assistono ad un crimine e meno probabilità avrà la vittima di salvarsi. La consapevolezza di non essere soli spingerà i presenti ad essere meno propensi ad intervenire. “Ci penserà qualcun altro, qualcun altro starà di certo facendo qualcosa” – questa l’idea che attraversa la mente della maggior parte delle persone. A rendere poi inattivi “gli spettatori” anche la paura delle possibili conseguenze del loro intervento.
Impariamo a guardare il mondo attraverso i nostri occhi
L’effetto spettatore, tuttavia, non è una giustifica. Restare spiazzati, non sapere cosa fare è un conto, affrettarsi a riprendere la scena per avere l’esclusiva è un altro. I social media, purtroppo, vengono prima di ogni cosa, persino prima di noi stessi.
Non si vive il momento, non si guarda il mondo con i propri occhi, ma con quelli della telecamera. Chi più, chi meno, siamo tutti pronti a “condividere” in tempo reale (non si può, non si deve, attendere, sigh!) per poi contare i like.
La polizia riferisce che le immagini riprese dai cellulari hanno aiutato le indagini. Un pronto intervento avrebbe, però, aiutato Alika Ogorchukwu.