Domiziano Pontone: “Non so stare senza la sensazione di poter incrociare voci, sapori, odori, panorami del tutto ignoti” (intervista)

Scrivere e viaggiare, le mie due più grandi passioni raccolte in un unico libro: “In incantate terre deserte”di Domiziano Pontone, edito da Rossini Editore. Quarantadue racconti ambientati in quarantadue luoghi diversi. Una miriade di personaggi con cui confrontarsi. Storie di radici ben salde, ma anche di sguardi verso nuove destinazioni. Stati d’animo universali presenti in tutte le latitudini del mondo.

“In incantate terre deserte” di Domiziano Pontone (Rossini Editore)

Una scrittura avvolgente che conduce il lettore non solo verso incantate terre, ma anche alla ricerca e alla scoperta di se stesso.  I numerosi protagonisti che popolano il libro consentono a chiunque di trovare similitudini con il proprio vissuto, di confrontarsi e magari, di scoprire nuovi istinti, nuovi desideri, attraverso uno sguardo allargato verso nuovi orizzonti.

Dopo aver letto il libro che vi consiglio di acquistare e di mettere in valigia per le vostre prossime vacanze estive, ho avuto il piacere di scambiare qualche chiacchiera con l’autore. Ecco cosa mi ha raccontato.

  • “Scrivere è viaggiare dentro di noi” (José Samarago). Cosa rappresentano per te la scrittura e i viaggi?

La scrittura è il mezzo che mi permette di diventare ciò che sono. La necessità di scegliere con cura i termini, di immaginare con precisione le situazioni, di chiedersi la logica di quanto narrato, obbliga e leggersi dentro e, quando ciò accade, non si può mentire, semplicemente. È uno straordinario percorso di compimento di sé. I viaggi sono un perfetto specchio dell’anima irrequieta che mi rappresenta. Parto portandomi sempre dentro il rischio latente del non ritorno, ma altresì non so stare senza la sensazione di poter incrociare voci, sapori, odori, panorami del tutto ignoti. La scrittura è di per sé un viaggio. E quando scrivo durante un viaggio raggiungo il massimo della mia personale soddisfazione.

  • Un racconto per ogni viaggio compiuto. Da quale dei paesi finora visitati non saresti mai più tornato e perché?

Vero, 42 racconti per 42 Paesi. Ora i Paesi sono divenuti 53. E credo aumenteranno. Circa il Paese, sceglierei probabilmente il Giappone. È terribilmente distante dalla nostra cultura e certamente da ciò che sono io, eppure sento che proprio questo sarebbe in grado di farmi scoprire nuovi aspetti di me stesso. Senza considerare la capacità tutta nipponica di rispettare il prossimo e di lavorare di comune accordo per il bene comune. Un senso civico mai più visto altrove, affascinante.

Si passò una piccola salvietta sulla fronte. Il caldo era, come di consueto in quella stagione, asfissiante. Più che il caldo, l’umidità. Una volta entrato nella metro, l’aria condizionata gli dava un po’ di refrigerio, ma non appena si ritrovava all’aperto si tratta di lottare nuovamente con la fronte imperlata di sudore.

Giunto ormai a Shibuya, si stava incamminando verso Omotesando con l’intento di acquistare un piccolo gioiello per celebrare i cinquant’anni di matrimonio con la moglie Setsuko. Oramai settacinquenne, procedeva con passi meno spediti delle persone che aveva intorno a sé, scattanti verso una qualche meta a lui ignota.

(incipit capitolo V – Giappone)

 

  • Quarantadue racconti, una miriade di personaggi. Chi di essi ti somiglia di più? Chi di essi racconta un pezzetto di te?

Il racconto della Grecia parla proprio di me. Invariabilmente, quando scriviamo, tiriamo in ballo noi stessi e la nostra esistenza, le nostre proiezioni, i nostri pensieri, le nostre speranze. Ma altresì persone che conosciamo. Poter vergare racconti permette di essere più persone in contemporanea e sfaccettare se stessi su carta. Un magnifico esperimento.

  • Una volta pubblicato, il libro inizia “il suo viaggio”; così il tuo libro ora è il libro di tutti. A te cosa ha lasciato?

A me ha lasciato la sensazione di aver consegnato a chi mi ha letto – e leggerà – qualcosa che, se non oggi, forse domani, toccherà le anime di chi lo affronterà. Forse qualcuno me lo dirà anche (è successo più volte) e questo significa aver avuto valore e averlo distribuito, in base a quei pochi talenti disposizione, messi a frutto. Mi ha oltretutto lasciato la voglia di continuare a scrivere.

  • Come è stato accolto “In incantate terre deserte”? Quali sono stati i primi feedback ricevuti?

L’enorme produzione di libri, in Italia, fa sì che districarsi non sia semplice, ma chi lo ha letto ha, in uno o cinque o dieci racconti, trovato se stesso/a. Sapere che chi lo ha affrontato lo ha poi spesso anche riacquistato per proporlo a chi ama, come una carezza, è stata una sensazione deliziosa.

  • Chi dovrebbe leggere il tuo libro?

Credo che sia trasversale. Esattamente perché affronta tutte – o quasi – le possibili e principali emozioni che possono attraverso l’animo umano, avendo peraltro protagonisti di qualsiasi età, è volutamente indirizzato verso il più alto numero di lettori possibili.

  • Progetti futuri? Cosa bolle nella tua pentola?

La bellezza di tre libri, tutti già finiti! Uno è la prosecuzione di un giallo pubblicato nel 2020, i cui personaggi avevano riscosso un inatteso successo. Uno è di saggistica e racconta l’importanza inerente al decidere. Un ultimo è incentrato su un rapporto di coppia che viene messo alla prova dal riemergere di una figura dal passato. Per non farmi mancare nulla, peraltro, mi occupo anche degli articoli cinematografici pubblicati dal sito di Feltrinelli, più precisamente sotto Maremosso, la rubrica di approfondimento. Insomma, non trovo mai modo di restare fermo. Non ci riesco!

Domiziano Pontone
  • In poche parole, chi è Domiziano Pontone? Cosa sogna?

Sogno un mondo in cui Bellezza, Gentilezza e Cultura dettino legge. Poiché sono convinto che la bruttura dilaghi solo là dove anche solo uno di questi tre elementi scarseggi. E sogno di poter dedicare la maggior parte del mio tempo proprio alla scrittura, alla lettura, al parlare dai palchi e all’insegnamento.

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