Ferdinando IV di Borbone, goloso, vile e “lazzarone”

Anche oggi la giornata è trascorsa. Il solito giro con gli amici di tutti i giorni tra i vicoli per sorseggiare un buon vino, al mercato per salutare chi va e chi viene, al porto per congratularsi con la pescata del giorno, in osteria per concludere la sfida a carte persa il giorno precedente.

Non ha tempo e non vuole averne, per il suo istitutore, il Principe di Nicandro, e, con gli anni è riuscito addirittura a svincolarsi dalla burocrazia e dalle riunioni di stato, affidando alTanucci, il Sigillo, preparato di proposito, affinchè si ritrovi libero da ogni impegno. Vuol esser uno dei tanti “lazzari”, ragazzi di strada, della Napoli del tempo, senza voler badare, in nessun modo, al fatto di chiamarsi Ferdinando, figlio di Re Carlo, e di esser, dunque, Re di Napoli.

Oggi, al porto, la scoperta è stata eccezionale; infatti, fermandosi ad un chiosco, ha assaporato un’ostrica e ne è rimasto talmente deliziato da decidere di volerne produrre personalmente, ma dove?

La scelta del luogo ricade sul suo “angolo preferito”, il Real Casino di Caccia, presso il Fusaro, proprietà acquistata da Re Carlo nel 1752 e affidata, per la realizzazione, a Carlo Vanvitelli (figlio di Luigi) che affronta il progetto volgendo lo sguardo al, precedente di pochi decenni, Casino di Caccia di Stupinigi, realizzato da Filippo Juvarra, nel 1732, su commissione di Vittorio Amedeo II.

E’ assimilabile ad una pagoda, l’opera di Carlo Vanvitelli, dalla volumetria particolarissima, consistente in tre corpi ottagonali che si intersecano l’uno con l’ altro, e la cui facciata risulta estremamente alleggerita dalle ampie vetrate. Oltrepassato il pontile, per accedervi, si ha la sensazione di restar completamente sospesi sulle acque del lago.

In origine, alle pareti del piano nobile il “ciclo delle 4 stagioni” di Filippo Hackert, uno dei più grandi paesaggisti dell’800, si alternava alle finestre: una perfetta fusione tra i capolavori dell’uomo e quelli della natura, tant’è che la linea d’orizzonte dei dipinti coincideva perfettamente con quella del lago.

La costruzione è saccheggiata dei suoi tesori durante le alterne e tumultuose vicende della Repubblica Partenopea (1799) e, successivamente, quando gli alleati sequestrano l’intera zona (Seconda Guerra Mondiale).

L’opera culmina con una sala centrale circolare, illuminata da diverse finestre, e, contornata, da un’ articolata serie di terrazze. Adagiata su un blocco di granito, sul quale si trova in precedenza la casa del custode della riserva del Re, al Real Casino di Caccia, si aggiungono con il tempo, il pontile e l’Ostrichina, ossia la struttura adibita ad accogliere le carrozze dei nobili.

Anche qui, soprattutto qui, conduce la sua vita in piena libertà. Riempie di “Rocchi” le rive del lago , affinchè le ostriche crescano e si dedica amorevolmente alla loro coltura, fornendone la corte e soprattutto gli ospiti che ne decantano la bontà.

Ferdinando è talmente goloso da esser passato alla storia anche per avere aggiunto alle forchette del tempo a tre rembi, il quarto, cosicchè si possano meglio assaporare gli spaghetti

Un personaggio controverso, dunque, Re Ferdinando, che passa il tempo tra la gente del popolo, vendendo, egli stesso, le ostriche, ma, contemporaneamente, indebita il regno per le sue ostentazioni di lusso e sfarzo.

A lui dobbiamo l’istituzione della “Nunziatella” la prima Accademia Militare, ma egli stesso è un vile, fa combattere i napoletani, li incita contro il nemico, e scappa via da Napoli, rifugiandosi a San Leucio, la sua innovativa colonia che sogna di far diventare “Ferdinandopoli”(ma questa è un’ altra storia!).

Per primo si occupa degli scavi di Pompei. Grazie a lui c’è stato un “ Real Museo Borbonico” rappresentato oggi al “MANN”(MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE di NAPOLI).Chiama I migliori “cartografi” affinchè il suo Regno risulti chiaramente descritto, e, al suo tempo, alle strade della città, viene dato un nome.

Ferdinando di fare il Re non ne ha voluto proprio sapere, non ne ha la stoffa, nasce terzogenito; sua madre lo avrebbe voluto un sofisticato ed elegante Cardinale; solo le circostanze:l’imbecillità di suo fratello (così definita dai medici del tempo) fanno sì che salga al trono. Ha paura di combattere, scappa di continuo, si rifugia a S. Leucio, poi,corre a Palermo, portando via con sè danaro e preziosi. Di continuo rinnega gli accordi, si fa gestire da sua moglie Maria Carolina d’ Asburgo e da John Acton, Segretario di Stato  inglese lasciando così ai posteri il solo ricordo di un uomo semplice e disorientato (come del resto è accaduto anche ad altri) dal nome Ferdinando IV di Borbone: Re Lazzarone.

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