La mostra Da Donatello a Lippi. Officina pratese mette in luce, come mai era stato fatto prima, il ruolo cruciale che Prato ha avuto nella storia del Rinascimento. Negli splendidi spazi del Museo di Palazzo Pretorio, che riapre dopo 16 anni, dal 13 settembre al 13 gennaio opere provenienti da tutto il mondo saranno la testimonianza di una stagione artistica straordinaria, di cui furono protagonisti fra gli altri Donatello, Paolo Uccello, Filippo e Filippino Lippi. “Non si può capire il Rinascimento, senza conoscere Prato”, secondo Keith Christiansen, tra i maggiori esperti al mondo di arte rinascimentale. “È con questa mostra – sottolinea il sindaco Roberto Cenni – che per Prato può nascere una stagione nuova, grazie all’arte e alla bellezza. Riaprire Palazzo Pretorio con capolavori che arrivano da musei così prestigiosi, è una straordinaria occasione di speranza per una città che grazie alla cultura può e deve trovare nuovi orizzonti di crescita”.
La mostra è curata da Andrea De Marchi (università di Firenze) e da Cristina Gnoni (Soprintendenza ai beni artistici di Firenze, Prato e Pistoia) e si avvale di un comitato scientifico di rilevanza internazionale. Con l’alto patronato del Presidente della Repubblica ha il contributo della Regione Toscana e della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, e il sostegno di sponsor privati, tra cui Moretti Gallery. L’organizzazione è del Comune, insieme a MondoMostre: un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato, decisiva per il futuro della cultura.
La storia dell’officina pratese inizia grazie alla fabbrica del Duomo.
Nel 1428 Donatello e Michelozzo furono chiamati a realizzare il magnifico pulpito per l’ostensione della sacra cintola, la cintura che secondo tradizione la Vergine consegnò a San Tommaso al momento dell’assunzione e che nel 1141 fu portata in città dalla Terra Santa dal mercante Michele Dagomari. Da allora fu oggetto di una straordinaria venerazione, diventando il tesoro più prezioso della città e il fulcro delle sue vicende artistiche. Ancora oggi le cinque ostensioni annuali dal pulpito di Donatello raccolgono in piazza migliaia di persone.
Poco dopo, Paolo Uccello fu incaricato di affrescare la cappella dell’Assunta: era un giovane irrequieto e geniale, e la mostra documenta in modo spettacolare, per la prima volta, la sua produzione di quegli anni formidabili. Due opere da citare e soprattutto da vedere: la splendida Natività di Karlshure, per la prima volta in mostra, e il San Giorgio e il Drago, da Melbourne.
Ma è soprattutto a Filippo Lippi, che la mostra è dedicata, all’artista che Vasari definì “il più singolare maestro del tempo suo”, e che a Prato dipinse i suoi capolavori, a partire dagli affreschi del Duomo, iniziati nel 1452. “Razionalità e potentissima fantasia – dice l’assessore alla cultura Anna Beltrame – l’uso audace e sapiente del colore, la stupefacente bellezza dei volti e delle figure, la capacità di trasmettere emozioni, fanno di Filippo uno straordinario narratore di storie, un precursore della maniera moderna, dei grandi maestri dell’arte del Cinquecento, a cominciare da Michelangelo e da Leonardo, alle cui sperimentazioni nella tecnica dell’affresco egli preparò il terreno, proprio a Prato”.
Gli affreschi del Duomo furono completati solo nel 1466, anche per lo scandalo suscitato dalla passione per suor Lucrezia Buti, che frate Filippo convinse a fuggire dal convento di Santa Margherita, folgorato dalla sua “bellissima grazia”. Fu un amore duraturo, dal quale nacque Filippino, che a Prato iniziò a dipingere e che, dopo la morte del padre, si affidò alla guida di Botticelli, di cui Filippo era stato maestro.
Di Lucrezia fra Filippo ci ha lasciato immagini indelebili, raffigurandola più volte nelle sue opere: dalla Salomè del Duomo, alla Santa Margherita della Madonna con la Cintola, l’immagine simbolo della mostra.
Tante sono le storie, le idee, le innovazioni, dell’Officina Pratese, anche grazie ad altri artisti, come Fra Diamante e il Maestro della Natività di Castello, Maso di Bartolomeo, Zanobi Strozzi, Domenico di Michelino. La mostra vuole offrire, attraverso una scelta di opere tutte di grande qualità, alcuni squarci di luce su queste personalità, per aiutare a capire meglio quanto a Prato di loro è rimasto. Al tempo stesso si prefigge alcune operazioni esemplari di ricostruzione di opere che erano a Prato e che sono state smembrate, riunendo predelle e pale ora divise fra i musei pratesi e le collezioni straniere (l’Assunta di Zanobi Strozzi dipinta per il Duomo, ora a Dublino, e la predella del Museo di Palazzo Pretorio; il capolavoro del Maestro della Natività di Castello, la pala di Faltugnano ora nel Museo dell’Opera del Duomo, la cui predella è spartita fra la National Gallery di Londra e la Johnson Collection di Philadelphia). Vengono così riportate a Prato opere che si trovano in importanti musei stranieri, come la pala di Budapest di fra Diamante.
Infine, intorno ai capolavori del Rinascimento pratese, Roberto Piumini ha creato un percorso di poesia pensato per i bambini, e per gli adulti che dei bambini hanno ancora la libertà di sguardo. È il più grande scrittore italiano di testi per l’infanzia, ma è anche l’autore di un incantevole racconto sull’amore tra Filippo e Lucrezia, ripubblicato in questa occasione.
Da Donatello a Lippi è dunque una mostra da non perdere, per il rigore con cui è stata costruita, per la bellezza e le emozioni che può regalare, per una città che merita di essere scoperta.
Per informazioni: www.palazzopretorio.prato.it