Piero Gallo e Mediterranean Experience al Teatro Bolivar


Al Teatro Bolivar per la rassegna ‘Insolite note’ con la direzione artistica di ‘Mbarka Ben Taleb, il 23 aprile si è esibito Piero Gallo con la sua ‘Mediterranean Experience’ con il gruppo composto da Raffaele Vitiello (chitarra), Luca Caligiuri (basso), Marco Caligiuri (batteria).

Piero Gallo con il suo quartet sta portando in giro il progetto ‘Mediterranean Experience’ con grande partecipazione e sempre maggior successo, giunto ormai al secondo anno e si attesta come un progetto innovativo e moderno, forte, impetuoso, romantico ma allo stesso tempo rock.

Le sonorità di Gallo sono il frutto della decennale esperienza collaborativi con artisti del calibro di di Enzo Avitabile, James Brown, Randy Crafword, Kaled, Africa Bambata, Planet Funk, Salomon Burke, Enzo Gragnaniello, solo per citarne alcuni, che si fondono con l’anima funky evolvendosi nel felice connubio con i suoni del mondo, che assorbiti ed infusi nelle sue note le colorano di intensità e intenti.

Grazia alla  mandolina, lo strumento musicale ideato da Gallo insieme con il liutaio Amato, messo a punto in anni di prove, che più che suonare picchia duro, portando l’ascoltatore per mano, tra i rumori delle medine, le voci dei suk, i sospiri del deserto e le onde che si infrangono sui porti di mare.

Abbiamo posto qualche domanda a Piero Gallo sulla sua visione musicale:

Come nasce il tuo primo approccio alla musica?

I miei genitori avevano un locale l’Hit Parade al Vomero, uno dei primi live-club insieme alla Mela, quindi il mio approccio nacque lì a quattordici anni come tutti i ragazzi. Il fratello di mia madre era Taccogna il manager degli Showman, degli Alti e Bassi ed altri. Suonavo cercando di imparare dagli sbagli ispirandomi a quelli bravi. Una sera scese un gruppo che portò una cassettina registrata e si chiamavano Gli Achei, formato da Enzo Avitabile giovanissimo e l’altro fratello più grande Rino Avitabile bassista ed un chitarrista. Quella sera suonarono i brani dei Chicago e mio zio  li fece venire più volte di venerdì, una sera che il chitarrista non venne presero me per sostituirlo, così sono rimasto 33 anni con Avitabile.

Quando hai capito che volevi fare questo mestiere?

Io non ho mai fatto questo mestiere, io ho capito che per fare musica non devi farlo per mestiere, perché altrimenti devi accettare una serie di compromessi, devi lavorare, allora la musica non diventa più una cosa sacra ma la devi mercantizzare. Se vuoi farti una famiglia e mantenerti poi devi accettare di suonare a livelli familiari ed io ritengo che quella non sia più musica. Io ho fatto tutt’altro lavoro, ho lavorato al Comune, con la discoteca, la musica l’ho sempre messa sotto una campana di vetro nella sua sacralità. Mi sono potuto permettere il lusso di suonare per tanto tempo con Avitabile, sono andato via dopo il primo disco con i bottari perché questo progetto pur riconoscendone una grandissima valenza dal punto di vista lavorativo a me non piaceva moltissimo almeno per quello che riguardava il mio strumento. In quel periodo mi chiesero di togliermi la Fender dalle mani, perché era uno strumento americano e non si accordava con il loro stile della Madonna dei fujenti ecc , chiedendomi di suonare uno strumento della nostra tradizione mediterranea. Pur di non abbandonare Enzo inizia a provare mandolini, mandole, chitarre battenti, non trovandomi, così andai dal liutaio Umberto Amato al Vomero chiedendo di farmi uno strumento che doveva sembrare un mandolino ma in cui dovevo riversare tutta l’esperienza chitarristica. Così nacque la Mandolina di otto corde, preamplificato, per esigenza scenica più che lavorativa. Mai mi sarei immaginato che da quello strumento sarebbe iniziata una storia del tutto diversa, nuova. Mi ha fatto conoscere, perché mentre con la chitarra sono stato definito all’epoca, e penso di esserlo ancora, uno dei migliori chitarristi europei per il Funk, quando ho suonato con i Planet Funk, quando Enzo ha cambiato genere andando nella world music io non potevo continuare a suonare il funk, così mi sono ritrovato con questo strumento in mano. Posso dire che in cinquant’anni non ho composto un pezzo, in otto anni di mandolina ho fatto tre dischi, due pezzi per Peppe Barra,  ho creato questo mio progetto Mediterranean Experience che mi sta dando molta soddisfazione, specie ora che ci stiamo avvicinando all’estero, siamo molto osservati.

Il tour di Mediterranean Experience con il tuo quartet sta riscuotendo vasti consensi da parte del pubblico. Cosa ti ha portato questa Experience di questi anni?

Più che le esperienze di oggi sono le esperienza passate, si sono riversate in quello che sto facendo oggi. Esperienza che mi è servita molto. In questo progetto c’è tutto il mondo mediterraneo ma c’è anche il mondo turco, greco e naturalmente tutta la mia esperienza funky e rock. Fu Avitabile a dirmi: ‘Butta il distorsore e inizia a suonare la chitarra a tipo percussione’. Il 70% di quello che sono lo devo ad Avitabile, che è un grande maestro ed un grande musicista, per il resto c’è la mia musicalità. Oggi sono molto contento di portare avanti questo mio progetto. L’unico artista che mi consolo ad accompagnare, perché credo che sia uno dei più grandi poeti che abbiamo in Italia, è Gragnaniello. Ho avuto proposte di suonare con altri artisti, ma mi sono defilato gentilmente, perché voglio suonare ciò che mi piace e con chi mi emoziona. Gragnaniello mi emoziona come quando suono da solo, abbiamo questa sintonia.

Prossimi progetti musicali?

Stiamo iniziando ad uscire dal recinto napoletano, bellissimo recinto che mi piace tantissimo. Con i ragazzi del gruppo ci stiamo pensando, perché siamo molto legati. I pezzi del concerto sono tutte mie composizioni ma loro con la loro bravura hanno dato un assetto molto particolare. Luca Caligiuri e Marco Caligiuri (basso e batteria) vengono dal mondo punk perché fanno parte del gruppo che si chiama The Collettivo, quindi dietro io ho questa macchina da guerra che cammina, poi c’è Raffaele Vitello che viene dalla chitarra classica e suona questa chitarrina piccolina e ci sono io con la mandolina, quindi siamo insieme più per ricerca che non per combinazione, si è creata questa particolarità, infatti gli intenditori definiscono questo progetto interessante perché particolare.

Cosa ti aspetti dal 2016?

Di andare all’estero e di partecipare ai festival, perché è una musica che si può suonare dappertutto. Sentendomi suonare mi hanno contattato dall’estero, ma quello che manca a Napoli è il management e quello che c’è è un management povero, nel senso che noi abbiamo avuto un manager straniero un certo Willie David, che è venuto da fuori ed ha fatto dei napoletani delle star come Pino Daniele, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Nino Buonocore, Enzo Gragnaniello, quindi con una mentalità diversa, da manager. Invece qui purtroppo abbiamo la mentalità di chi investe cinquanta per guadagnare sessanta, crisi a parte, mentre il manager vero non investe 50 per guadagnarne 60, investe mille per un periodo di tempo, semmai rimettendoci, per guadagnarne diecimila. Fino a quando ci sarà questo tipo di mentalità la musica si muoverà poco. Stiamo facendo dei promo per mandarli a tutti i festival all’estero nella speranza di riuscirci ad andare.

Fonte foto: Pasquale Fabrizio Amodeo

 

 

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