La parola afefobia è il risultato dell’unione di due parole greche TOCCARE e PAURA. Paura di essere toccati e di toccare, paura inconscia di una possibile violazione della sfera intima.
Nelle prime fasi della vita, il bambino percepisce l’affetto dei genitori, proprio attraverso il contatto fisico. Il piccolo da adulto potrebbe sviluppare l’afefobia, se il contatto venisse a mancare, inoltre possiamo dire che, alla base di tale paura c’è spesso, un trauma non superato o la mancanza di affetto e di vicinanza da parte dei genitori, durante l’infanzia.
Spesso la paura del contatto fisico può essere anche associata ad una violenza sessuale e abusi in età infantile, somatizzando il trauma con la paura di essere toccati.
Inoltre il contatto fisico riveste un ruolo primario nella vita sociale; alla nascita è il senso più sviluppato affinché si possano avere sia esperienze positive del proprio corpo e, allo stesso tempo sviluppare sicurezze di sé e fiducia negli altri.
Oggi, ai tempi del coronavirus, viviamo già questa condizione psicopatologica dell’afefobia
Siamo costretti a vivere in isolamento, inibendo la frequentazione dei luoghi di aggregazione, musei, cinema, fiere, chiese, lavorando in smart-working etc.
Una riflessione doverosa è, se a causa di questa pandemia, che la società sta vivendo, facesse diventare la logica del distanziamento sociale una componente della nostra vita e un atteggiamento del nostro futuro? Insediando nelle nostre vite, la paura di essere toccati e di toccare, anche le persone che amiamo;
E’ risaputo che il contatto fisico contribuisce in maniera determinante all’evoluzione del pensiero, del cervello e della stessa identità. Da non dimenticare che l’uomo è gregario politico e non di certo solitario, si passa dalla diade madre-bambino ad un gruppo più esteso, per cui data realtà a cui è destinato l’essere umano, cioè a socializzare, ad avere rapporti, anche intimi con altri individui o l’importanza che ha un semplice abbraccio, una stretta di mano; per cui non potrebbe sostenere ancora per molto questa situazione.
La realtà che stiamo vivendo oggi è destinata a finire, per il bene emotivo, sociale e psicofisico dell’essere umano
Personalmente penso che tutto questo finirà nel migliore dei modi, ritornando progressivamente alla nostra quotidianità, magari lasciando uno strascico, nel nostro bagaglio psichico, di timore del contatto fisico con altri essere umani, ma grazie alla spiccata facoltà di riadattamento, che abbiamo noi essere umani, tutto ritornerà come prima.
Penso anche come questo periodo possa aver fatto riaffiorare la figura dello psicologo, l’importanza del sostegno psichico che l’uomo necessita in questo viaggio meraviglioso chiamato vita.
Tratto da “Ivana Cavaliere”.
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