Agli italiani piacciono le corna

“Che poi… che poi, aspetta… che poi le corna ce le hai pure tu! No, ce le hai, ce le hai le corna e mo’ lo devi dire davanti a tutti quanti! Lo devi dire ad alta voce!
Lello Arena

Io non ho detto che non tengo le corna, ma ch’aggia fa: ‘e corna ttoje me fanno ridere ‘cchiù assaje!”
Massimo Troisi
(La Smorfia in Cabaret)


Potrei dire che vi ho tratto in questo articolo con l’inganno, un inganno da maestro del click-bait (quell’odiosa pratica che grazie a titoli allusivi e pruriginosi porta traffico al sito web, ad esempio dai social). Però anche voi siete qui quindi o avete particolare fiducia nei miei pezzi (e vi ringrazio umilmente) o anche a voi le corna degli altri fanno ridere più assai.

Il click-bait è solo uno dei cortocircuiti di un’informazione che ha perso, per motivi davvero più grandi di noi da analizzare, la sua guerra contro il sensazionalismo. Le corna di Hermes ne sono un esempio.

Le corna, quelle di Hermes

Le corna di Hermes (che dette così sembrano epica, uno dei power-up di Kratos in God of War) sembrano quelle che sovente ammiriamo a Pontida dove leghisti che vantano radici celtiche si ispirano a un giuramento medievale contro il Sacro Romano Impero e che ancora oggi ospita un giuramento contro il potere romano perpetrato dagli stessi esponenti lautamente pagati a Roma a spese dei contribuenti (settentrionali e meridionali). Ma in realtà sono più simili, e alla memoria più vicine, a quelle di Jake Angeli, il sedicente sciamano di origini italiane protagonista scenografico della presa del Campidoglio che ha animato il post-elezioni americano.

Hermes è un ristoratore modenese. Fa parte quindi di quei settori che la gestione del contenimento della pandemia Covid-19 ha coattamente deciso debbano soffrire. Dopo un anno di sofferenza, il sacrificio diventa tortura. La straordinarietà, normalità. L’avvicendamento tra il Governo Conte e quello dei migliori capitanato da Mario Draghi non ha ancora superato – né Speranza come ministro, né – la logica del color, color, color (anzi, spesso esce rosso). Per i ristoratori questo vuol dire incertezza. L’incertezza vuol dire costi (di sala, di consumi, di materie prime) che in questa gestione sono totalmente fuori da ogni possibile previsione. I conti a fine mese non tornano, e non solo a te ristoratore, ma anche al ristorante e ai dipendenti. Hermes è uno dei disperati. Uno di quegli eroi sacrificati sull’altare della paura che sono attorno a noi, ma di cui spesso ci dimentichiamo. Sono i barbieri e i parrucchieri, sono i proprietari di cinema, sono i tour operator o gli albergatori, sono i commercianti di quei reparti toccati direttamente dalle logiche (o illogiche) di contenimento.

Hermes quindi che ha fatto: ha indossato delle corna vichinghe ad adornare un vistoso copricapo da guerriero barbaro ed è sceso in piazza il 6 aprile con gli altri disperati, in una protesta annunciatissima che nonostante tutto sembrava calare all’improvviso sulla placida non serenità di una Roma già trapassata con un paletto in legno di frassino al cuore da un anno di mancati arrivi turistici. Hermes ha catturato l’attenzione.

“Se venivo vestito normale non mi filava nessuno. Così almeno ho attirato l’attenzione”
Hermes, ristoratore modenese

Quello che Hermes non sapeva

Agli italiani piaccono le corna. Alla stampa italiana piacciono davvero assai le corna. E no, non parlo solo dei circoletti del gossip con i protagonisi sempre uguale. Parliamo del fatto che tra centinaia di Hermes notiamo e diffondiamo l’Hermes cornuto. C’è il vichingo, ci sono un paio di saluti fascisti e abbiamo descritto la piazza. Poi la gente muore ancora di fame, eh, ma l’evento è bello che descritto.

Non prendiamoci in giro. Quello del gesto appariscente da anni è uno schema ben studiato. Pizze che parlano, proteste in mutande, l’abuso totale del flash-mob anche solo come termine per indicare le manifestazioni, le statuine del presepe napoletano a tema. Sia chiaro, funziona. Attrae l’attenzione, come quella delle telecamere. Ma non può chiudersi tutto lì. Perché, come ben sintetizzava l’amico e collega giornalista Gianmaria Roberti, il messaggio non è più il contenuto, ma il messaggiante stesso. Basta questo per intuire la deriva pericolosa dell’informazione verso la banalizzazione.

Hermes sapeva che con le corna avrebbe avuto accesso ai microfoni, ma non sapeva (del resto, è un ristoratore, non un comunicatore) che le corna avrebbero oscurato il suo appello disperato a favore del facile e immediatamente comprensibile folklore.

Un po’ di rigore (in cui del resto questo Governo dei migliori sembra eccellere) non guasterebbe. Dietro la protesta di Roma c’è un mondo che deve mettersi le corna per poter reclamare visibilità ed esprimere la sua rabbia. Mi ricorda un po’ quanto accade spesso sotto Palazzo San Giacomo, sede dell’amministrazione di Napoli, quando a protestare sono gli operatori del comparto cimiteriale. Sfilate di bare vuote e richiami quasi esoterici per denunciare problemi sindacali o malcostume diffuso. Eppure, le criticità del settore sono note ai napoletani, un po’ meno ai media napoletani. E, halloweenate a parte, sono quasi tutte ancora lì, nascoste alla luce del sole.


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